Se non si giudica un libro dalla sua copertina, tantomeno si giudica una canzone dal suo titolo. Che pur qualcosa, però, vuol dire, soprattutto se quella canzone è destinata a Sanremo, un Sanremo dove anticipa Amadeus accendendo la miccia della sua quinta e ultima (ultima?) edizione consecutiva, «qualche brano parlerà di attualità». Vista la dritta, e l'elenco (dei titoli) comunicato ieri sera nella finale juniories dal teatro del casinò, si potrebbe aspettare qualche sorpresa dalla rapper irpina anti-bodyshaming BigMama con «La rabbia non ti basta», forse anche dall'italiano di seconda generazione Ghali («Casa mia»), altri indizi non sono forniti. Qualcuno ha già messo sotto osservazione i La Sad di «Autodistruttivo», scambiandoli per pericoli pubblici n. 1, altri applaudiranno al dialetto in purezza contemporanea di Geolier che vendica tutti i no detti a Nino D'Angelo, Gigi D'Alessio e chissà quanti altri con la sua «I' p'me, tu p'te».
Per il resto c'è poco da notare, se non che, sempre nei titoli, la parola «amore» non c'è, che Angelina Mango finisce in campo moraviano con «La noia», che Dargen D'Amico attende l'«Onda alta», che Loredana Bertè si autoproclama orgogliosamemnte «Pazza», che Rose Villain e Alfa usano il punto esclamativo, che i Negramaro di «Ricominciamo tutto» forse parlano del loro/nostro futuro, che The Kolors non citano in «Un ragazzo una ragazza» né i Blur né Marco Risi né Nino D'Angelo, ma raccontano con groove italofunky una scena metropolitana.
Ieri, però, era la serata dei ragazzi, dei dodici finalisti da cui la commissione ha scelto gli ultimi tre big del 2024, dopo aver già promosso tra i campioni proprio BigMama, che alle fasi finali di Sanremo Giovani non è mai riuscita ad arrivarci ma si è segnalata altrimenti (anche all'Ariston, l'anno scorso accanto a Elodie nella cover di «American woman»), e Maninni, invece finalista in questo 2023.
«Questa è la cantera della nostra canzone», dice il padrone di casa, usando una metafora calcistica dopo essersi mostrato all'amico Fiorello, e all'Italia che lo segue su «Viva Rai2», in pigiama interista. Dal vivaio della terra dei cachi sono arrivati in tempi recenti Mahmood, Ultimo, Ermal Meta, Francesco Gabbani, Tananai.
Completato ieri sera il cast dei 30 con la promozione di Clara (che canterà «Diamanti grezzi»), Santi Francesi («L'amore in bocca») e Bnkr44 («Governo punk»), l'Amatissimo prosegue come uno schiacciasassi nella sua road map: garantisce di non pensare ad un rinnovo per il 2025, ma è lampante che, in caso di ennesimo successo di ascolti, e di assenza di polemiche politiche che gli complichino la navigazione tra i marosi di TeleMeloni, Viale Mazzini è già pronta a chiedergli di restare. Magari solo come direttore artistico, magari in complicità con chissà chi. Lui svicola con eleganza: «Intanto godiamoci questo Festival, che prima deve riuscirmi. Facciamo che questo vada bene e poi ne parleremo». E si nasconde dietro la figura di Baudo, «in assoluto il più grande direttore artistico del Festival. Eguagliare il record di cinque edizioni consecutive come lui e Bongiorno, è un onore». Solo che Pippo di Sanremo ne ha condotti ben 13: il primo nel 1968 e l'ultimo nel 2008. Mike nella classifica dei presentatori viene subito dopo di lui, con 11 presenze. Se Amadeus vuole accorciare le distanze da loro meglio darsi da fare adesso, che il mercato, i gusti del pubblico televisivo e canoro e la discografia sono dalla sua parte.
Ormai, però, si marcia spediti sul debutto del prossimo 6 febbraio. E qualcuno sussurra che per la serata finale non arriverà soltanto manforte da Ciuri, ma anche da Gianni Morandi, co-conduttore-spazza-palcoscenico dell'anno scorso. Ama, anzi Deus, non conferma e non smentisce: «Per adesso c'è solo Fiore». Quel «per adesso» lascia aperta la suggestione. E qualcuno vorrebbe completare la squadra della finalissima con il ritorno di Ibrahimovic.