Duetto D'Angelo-Cori nel nuovo Festival di Sanremo svecchiato da Baglioni

Duetto D'Angelo-Cori nel nuovo Festival di Sanremo svecchiato da Baglioni
di Federico Vacalebre
Sabato 22 Dicembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 10:47
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Inviato a Sanremo

A governo del rinnovamento corrisponde un Festival del rinnovamento. Sanremo, stavolta, è specchio d'Italia davvero, anche se tocca al grande vecchio Baudo annunciarlo, presentando con Rovazzi un cast inatteso: tanto è stato «conservatore» al suo esordio da dittatore artistico Claudio Baglioni, puntando sugli ex Pooh, tanto è rottamatore (così anche Renzi è soddisfatto) con questo suo bis, che chiama in causa l'intero arco costituzionale della nuova canzonetta italica, lasciando alle primedonne Loredana Bertè e Patty Pravo (ma spalleggiata da Briga) e allo chansonnier senza giacca e cravatta Nino D'Angelo (ma spalleggiato da Livio Cori, rapper visto anche in «Gomorra La serie» che per qualcuno sarebbe il misterioso Liberato) il ruolo dei veterani e di ponte con il pubblico più maturo: «Un'altra luce», con largo uso del dialetto, è una delle proposte più inattese, e quindi attese, della kermesse, un azzardo di trap partenopea.

In fondo la strana coppia Pippone e Fabietto, proprio come il duetto verace napoletano, rappresentano un dialogo generazionale che Sanremo decide di tentare, scommettendo su un futuro che sa di (soft) rap, trap, rock, indie, neoromanza, talent boys & girls. Di tutto di più, insomma, si sarebbe detto nella prima repubblica della terra dei cachi, ma in chiave contemporanea, sia pur lasciando fuori le ali più estreme: Raiuno prova a proporre al suo pubblico generalista, che si vorrebbe sempre anziano e poco propenso alle novità, una nidiata di ragazzi che per i loro coetanei sono già delle star, ma per la platea seniores sono dei carneadi assoluti. Funzionerà? Il festival del rinnovamento riuscirà ad essere il Festival del popolo, tanto per restare al lessico gialloverde?

Nell'attesa di vedere come andrà dal 5 al 9 febbraio (gli ascolti della prima serata dei Giovani non sono stati molto confortanti, anzi), ieri la lista dei big è stata completata, con il sambarapper Achille Lauro («Rolls Royce»), i reggaemen salentini Boomdabash (che con «Per un milione» sfideranno Loredana Bertè dopo averla rilanciata con «Non ti dico no»), i genovesi Ex Otago («Solo una canzone»), appunto Patty Pravo-Briga («Un po' come la vita»), appunto D'Angelo e Cori, il vincitore del 2005 Francesco Renga («Aspetto che torni», griffata Bungaro) e la vincitrice del 2014 Arisa («Mi sento bene»), Daniele Silvestri in quota cantautoral-Wwf («Argento vivo»), Federica Carta («Amici 16») con un altro campioncino della leva hip hop come Shade («Senza farlo apposta»), Enrico Nigiotti (passato per tutti i talent, Nuove proposte sanremesi comprese, e ora alla ricerca del grande salto con «Nonno Hollywood»), i Negrita («I ragazzi stanno bene»). Più il giovane diventato ieri Campione, Mahmood, egiziano di Milano approdato alla corte di Fabri Fibra e Paola Zuckar.

Accanto a loro i dodici annunciati l'altra sera: Simone Cristicchi («Abbi cura di me»), Il Volo («Musica che resta»), Loredana Bertè («Cosa ti aspetti da me»), Paola Turci («L'ultimo ostacolo»), Anna Tatangelo («Le nostre anime di notte»), l'irpino Ghemon («Rose viola»), Zen Circus («L'amore è una dittatura»), Motta («Dov'è l'Italia»), Nek («Mi farò trovare pronto»), Ultimo («I tuoi particolari»), Irama («La ragazza con il cuore di latta»), Einar (appena promosso da Giovane a Campione ci farà sapere prossimamente il titolo della sua canzone).

Paradossalmente, proprio nel Sanremo più «giovane» messo in campo da tanti anni, i Giovani festivalieri non spiccano per originalità, e in fondo è anche comprensibile, se la meglio gioventù ha già i gradi di Campioni.

Stamane Baglioni il rinnovatore spiegherà le sue scelte e detterà la road map che porterà al suo secondo Sanremo, sovranista nel senso che sembra non prevedere ospiti stranieri di rilievo. Così si vuole colà dove si puote ciò che si vuole (ma no, che avete capito: all'Ariston!) e più non dimandare.

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