Il Colombre: «Cito Buzzati
ma racconto me stesso»

Il Colombre
Il Colombre
di Chiara Ricci
Venerdì 16 Febbraio 2018, 12:22
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Melodie squisitamente pop che lasciano intravedere scorci di noise e psichedelia, una voce dalla timbrica raffinata che esalta testi ruvidi e talvolta al limite del punk: questo è «Pulviscolo», il primo progetto da solista di Giovanni Imparato, in arte Colombre: di Senigallia, classe 1992, si era già fatto notare con i Chewingum. A quasi un anno di distanza dalla sua pubblicazione per Bravo Dischi, l’album registrato in presa diretta affinché «le canzoni oscillassero come le onde del mare», verrà proposto dal vivo stasera a Napoli, al Lanificio 25.
«Il Colombre» è un racconto di Dino Buzzati, una storia di mare sull’incapacità di affrontare le proprie paure, l’immobilità. «Al contrario del protagonista del racconto di Buzzati ho cercato di affrontare i miei dubbi e paure con più onestà possibile, senza nascondermi, rimandare o scappare. Ho voluto fronteggiare il Mostro/Colombre facendo una scelta importante, almeno per me: realizzare un disco da solista e voltare pagina», racconta il cantautore, che nel disco ha coinvolto anche Iosonouncane. «Conosco Jacopo Incani da anni e ci eravamo sempre ripromessi di fare qualcosa assieme. Quando gli ho fatto ascoltare “Blatte” a lui è piaciuta tantissimo, sentivamo che i cori sarebbero stati l’elemento giusto su cui giocare le aperture armoniche della canzone. Gli ho lasciato carta bianca e lui mi ha regalato questa perla. Ha fatto un colpo di tacco alla Maradona, da vero fuoriclasse».
«E troppi giorni ho passato/ tra l’indolenza e le solitudini» recita la title-track: «In questo disco avevo la necessità di raccontarmi e raccontare le storie o gli stati d’animo di chi avevo intorno, senza fiction ma cercando di essere il più sincero e onesto possibile».
Beatles, Caetano Veloso e Talking Heads le influenze di partenza di Imparato/Colombre. E oggi? «Sto ascoltando un cantautore americano molto bravo, Tobias Jesso jr, ma riascolto spesso cose che amo da sempre, come “Berlin” di Lou Reed. In Italia, e non solo, mi piacciono gli artisti che hanno una loro visione poetica precisa, che non seguono sentieri già battuti e non fanno musica innocua. Se dovessi dirti tre nomi: Iosonouncane, Maria Antonietta e Giorgio Poi».
In ottobre il cantautore era già stato in Campania, ai Magazzini Fermi ad Aversa, stasera è la sua prima volta a Napoli: «Non vedo l’ora di suonare per il pubblico più caloroso e geniale d’Italia. Sento molto questo concerto perché è un po’ come se suonassi a casa: mio papà è di Gragnano e parte della famiglia abita qui. Sarà una serata emozionante. E a fine tour, dopo quasi 100 concerti, il live è di sicuro rodato, carico ma anche più intimo».
 
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