Napoli oltre Gomorra: «La paranza dei bambini» troppo bravi con le armi

Napoli oltre Gomorra: «La paranza dei bambini» troppo bravi con le armi
di Alessandra Farro
Domenica 8 Aprile 2018, 11:14
3 Minuti di Lettura
La sceneggiatura è pronta per essere portata sul grande schermo: il terzo romanzo di Roberto Saviano, La paranza dei bambini, sta per diventare un film, con la regia di Claudio Giovannesi, prodotto dalla Palomar di Carlo Degli Esposti, e la sceneggiatura di Maurizio Braucci in collaborazione con lo stesso autore. Così come avvenne per Gomorra, difficile è la gestazione della trasposizione cinematografica del romanzo, per via del delicato tema trattato, attuale e discusso, quello delle babygang.

Il titolo, infatti, gioca sulla dualità del termine «paranza»: da un lato il gruppo armato camorristico, dall'altro i pesciolini che, attratti dalla luce delle lampare, salgono verso la superficie del mare e restano intrappolati nelle reti dei pescatori. Così come i dieci ragazzini protagonisti del libro, accecati dalla spasmodica ricerca di successo, cadono nella trappola della camorra, dove fare denaro è semplice: basta rinunciare ai valori principali, primo fra tutti quello della vita.

«Hanno ali tatuate sulla schiena. Sfrecciano in moto contromano per le vie di Napoli perché sanno che la loro unica possibilità è giocarsi tutto e subito. Non temono il carcere né la morte. Sparano, spacciano, spendono. Sono la paranza dei bambini», racconta lo scrittore.

Maraja, Pesce, Moscio, Dentino, Lollipop, Drone e gli altri fanno parte di un gruppo giovane, che è disposto a tutto pur di raggiungere il successo. Una banda che si aggira in scooter tra le vie di Napoli, dislocata tra Forcella e Ponticelli, con le scarpe firmate, la schiena tatuata a marchiare la loro comunità e che si allena nel tiro sparando alle antenne sui tetti. Senza paura della morte, riescono a prendere il controllo di alcuni quartieri, fino a costringere i vecchi boss a stringere alleanza con loro. Il capo di questo gruppo di fuoco è il giovane Nicolas Fiorillo.
 
Forte dell'esperienza specifica fin qui acquisita, il romano Giovannesi - regista di «Alì ha gli occhi azzurri» (2011), storia di immigrazione in una borgata romana; di «Fiore» (2016) ambientato in un carcere minorile e candidato sei David di Donatello; e di due episodi della seconda stagione di «Gomorra la serie» - vorrebbe evitare le polemiche esplose quando Garrone portò sul grande schermo Gomorra, proseguite poi con la serie di Sky. Per questo, la fase di preproduzione è stata avviata ormai da quasi un anno mettendo particolare attenzione alla scelta dei protagonisti. Dopo aver individuato un ragazzino adatto al ruolo del capobanda, la produzione ha deciso di rinunciare all'attore. Mentre frequentava una lezione che gli insegnasse a maneggiare armi da fuoco, il giovane si è dimostrato più che esperto in materia. Del resto, però, l'annuncio per il casting recitava: «in cerca di un ragazzo napoletano tra i 16 e i 18 anni dal viso molto bello, senza baffi o barba, con fisico normale, anche dolce e aggraziato ma con un carattere molto forte, che conosca la vita di strada». L'episodio ha rallentato ancor di più la lavorazione, costringendo la produzione a cercare un nuovo baby-attore capace di interpretare il ruolo, che dovesse, però, impararne ancora il mestiere.

Dopo la trasposizione teatrale del romanzo, nata al Nuovo Teatro Sanità di Napoli e in questi giorni in scena al Trianon, da una collaborazione tra Roberto Saviano e Mario Gelardi, già co-autori dello spettacolo teatrale di «Gomorra», l'adattamento cinematografico si ispirerà al romanzo con un approccio diverso. Delineerà quelli che sono gli aspetti umani dei ragazzini e la loro sensibilità sporcata dalla violenza e dal crimine, senza scendere nel dettaglio delle loro storie personali, concentrandosi sulla forte appartenenza alla città che spinge il gruppo e raccontando la quotidianità e la vita di quartiere.

Lunedì il cast sarà al completo ed è già partita la caccia ai set. Indiscrezioni annunciano che le riprese cominceranno l'11 maggio, dopo una lavorazione travagliata durata più di 18 settimane.
© RIPRODUZIONE RISERVATA