«In barba» a tutti gli altri: il miglior barbiere di SoHo è un napoletano

«In barba» a tutti gli altri: il miglior barbiere di SoHo è un napoletano
di Luca Marfé
Giovedì 21 Giugno 2018, 16:43 - Ultimo agg. 22 Giugno, 09:59
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Pasquale Giacobbe, 31 anni, barbiere da quando ne aveva 13. Una grande tenacia e una gran voglia di farcela che lo ha portato fin dall’altro lato dell’oceano. Dalla sua Napoli sbarca negli Stati Uniti 8 anni fa. Prima un anno a Miami e poi, finalmente, New York.

Una valigia ed un sogno: aprire una barberia italiana. Sogno che oggi ha un nome e un covo preciso: Barbers Society apre nel 2017, sulla linea di confine ovest di Soho, dove Price Street e la 6 Avenue si incrociano.

Pasquale incontra quest’arte nella sua amata terra, quando è poco più che un bambino, lavorando per i suoi maestri Pino Santoro ed Antonio Topazio.

«Guadagnavo 30.000 lire a settimana lavando a terra, in bagno e pulendo i vetri», racconta. «E se non pulivo bene, il giorno dopo non mi facevano lavorare».

Tanto impegno ed un’immensa voglia di imparare quello che, per lui, è un mestiere bellissimo.

«Lavoro 6 giorni su 7, per circa 14 ore. Praticamente, vivo qui dentro», dice con tono orgoglioso. «E mi sono sempre sentito fortunato. Devi amare quello che fai, perché altrimenti, non ami te stesso. Ed io, il mio lavoro lo adoro proprio».



Anni di gavetta e di sudore per apprendere dai migliori.
Poi, la grande decisione: gli Stati Uniti.

«Quando sono arrivato qui non parlavo bene l’inglese. Non è stato affatto facile».

Dal sole della Florida, l’arrivo a New York.
Qui, per circa sei anni, anima i saloni di Manhattan e del New Jersey.

«Lavoravo a Little Italy quando ho conosciuto il mio socio Filippo; gli parlai del mio sogno e, poco a poco, il progetto ha preso forma».



Già un anno, già pieno di successi, dall’apertura di Barbers Society.

«Sono molto fiero di questo posto, ho fatto tutto con le mie mani: le mura, la pittura, il legno. Con le mie mani, ripeto. Proprio come me l’ero immaginato».

Un luogo accogliente, le classiche poltrone, l’odore del caffè.

Lì dentro, Pasquale ci mette tutta la sua passione, la sua terra, e soprattutto, la sua Napoli. Bandierine, stemmi e maglie azzurre colorano mura e mensole.

Tanto orgoglio partenopeo, tante soddisfazioni: Barbers Society va a gonfie vele, vanta cinque stelle ovunque tra recensioni e classifiche e, tra le altre cose, vede all’orizzonte un’intervista con il New York Times.

«Sono orgoglioso di ciò che ho costruito; sono venuto qui senza niente ed ora ho una casa, un negozio, una moglie e due bambini stupendi».

Vincenzo e Cristiano Pasquale, la gioia più grande.
«Tutto quello che faccio è per veder sorridere loro».

La barberia ha anche tanti clienti affezionati, italiani ed americani: conduttori televisivi, attori di Broadway e di Hollywood. John Malkovich e Steven Fisher, tanto per citarne un paio.



«Guardami, ho le mani storte e piene di calli, ma ne vado fiero», sorride mentre si prende un po’ in giro. «E’ il mio passato, sono le mie radici ad aver fatto la differenza qui a New York».

Ma ora, Pasquale ha un desiderio: tornare nella sua Napoli.

«Sono 2695 giorni che non vedo la mia famiglia, la mia terra. Mi manca tutto. Amo la mia città, è la mia vita e la amerò per sempre», dice con un filo di voce, si commuove.
«La qualità della vita in italia non ha niente a che vedere con lo stile di vita in America. Napoli è bellissima, tutta l’Italia lo è, ma io non vedevo più un futuro per i ragazzi come me».

Un consiglio a quei giovani?

«Mettetevi in gioco, viaggiate. Se non trovate ciò che volete, provate nuove cose. In qualunque parte del mondo voi siate, se non trovate quello che cercate, osate, cambiate».

Lui ha avuto il coraggio di cambiare, di ricominciare in quell’America lontana.

«In 24 anni in Italia non ho mai visto la mia vita cambiare. A New York in 7 anni la mia vita è stata completamente stravolta. In meglio».

L’America, il sogno.

«Per me l’America è tanto, forse tutto», esclama con quello sguardo di chi non smette mai di credere. E che, con una buona dose di determinazione ed anche un po’ di testardaggine, alla fine ce la fa.

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