Piero e Roberto, dynasty in politica:
vite parallele sotto il segno di papà

Piero e Roberto, dynasty in politica: vite parallele sotto il segno di papà
di Carla Errico
Lunedì 19 Febbraio 2018, 10:25 - Ultimo agg. 14:41
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«Roberto, Roberto». L'ovazione di una sala gremita è per lui, il secondogenito del governatore. Ed è una sorpresa per (quasi) tutti. Non doveva essere così. In questa grigia domenica pre-elettorale, ieri, il Pd salernitano doveva celebrare i suoi candidati alle politiche del 4 marzo. E dunque, primus inter pares, Piero De Luca, aspirante deputato nonché primogenito di Vincenzo. E invece, nella sala del Grand Hotel in cui non c'è neppure un posto in piedi, è Roberto a rubare la scena al fratello maggiore. Con l'annuncio delle sue dimissioni dalla carica di assessore al bilancio e allo sviluppo del Comune di Salerno. Ed è una sorpresa per (quasi) tutti. Dopo la «provocazione vergognosa» - De Luca jr lo rivendica con forza e rabbia - del video di Fanpage sul traffico di rifiuti, dopo l'inchiesta aperta dalla Procura di Napoli in cui è indagato per corruzione. «Rimetto il mio mandato nelle mani del sindaco Enzo Napoli». Voce commossa, mano sul cuore mentre la sala invoca «no», «no». È uno strappo forte. E mette la sordina alla convention degli aspiranti parlamentari democrat. Tutti. Compreso Piero. Il quale, per primo, rende omaggio alla scelta del fratello. Ringrazia Roberto per «la responsabilità, serietà e coraggio che ha dimostrato oggi».

Sembra la pagina di un romanzone ottocentesco. Non lo è. E non è soltanto la mossa (a sorpresa ma non per tutti) con cui i De Luca decidono di contrastare la bufera mediatica che si sta abbattendo su di loro e sul Pd alla vigilia del voto. Un «figlio di Vincenzo» ripreso a sua insaputa mentre parla di rifiuti e appalti e finito nel tritacarne di un «ricatto camorristico», secondo le parole paterne. E vallo a spiegare, ad un elettorato che tra l'altro sembra coltivare umori ben poco benevoli nei confronti del partito di Renzi, che si tratta di Roberto l'ex) assessore salernitano e non di Piero l'aspirante parlamentare. Sicché la scelta di Roberto lascia intuire la volontà di non danneggiare la candidatura di Piero, ancor prima della voglia di tirarsi fuori da quella che lui definisce «un'inaudita violenza contro di me».

Così, davvero, lo scambio delle parti avvenuto ieri dinanzi alla platea del Pd salernitano mette Roberto e Piero faccia a faccia con le loro vite parallele vissute sotto l'egida di un cognome importante. È un bivio, forse il più delicato, sul percorso di chi ha il destino di chiamarsi De Luca. E la stessa passione per la politica, coltivata nella città di cui papà Vincenzo è stato sindaco per un ventennio e che resta la sua formidabile roccaforte di potere e consensi.
 
Vite parallele ma non convergenti, quelle dei fratelli De Luca. Ancorché accomunate dalla ricorrente etichetta della dynasty politica salernitana. Cliché che entrambi rifiutano di declinare in familismo. Sventolando i curricula. Roberto, il più giovane, ha 35 anni da compiere ad aprile, una bella moglie scozzese - Paula Clarke - sposata ad agosto scorso, una laurea in economia e commercio presa a pieni voti all'Università di Salerno dov'è stato anche ricercatore. E una sfilza di pubblicazioni in marketing, finanza, innovazione. Titoli che gli hanno valso il ruolo di responsabile economia del Pd provinciale, il partito di papà in cui milita più o meno da quando ha iniziato a giocare a calcetto (cosa che fa tuttora con gli amici commercialisti). «Tengo al mio ruolo nel partito», disse in un'intervista al Mattino due anni fa. Prima di lanciarsi in politica. Al Comune. Dove lui voleva candidarsi, prima che lo convincessero a non farlo per non fare ombra agli altri papabili. Così, dopo aver lavorato al documento economico dei dem per le regionali, dopo aver fatto gratis il consigliere economico del presidente (pd) della Provincia di Salerno Giuseppe Canfora, alle amministrative 2016 Roberto diventa team manager delle tre liste che sostengono la corsa a sindaco di Enzo Napoli, ex capostaff e fedelissimo del governatore. E Napoli, una volta sindaco, lo sceglie come assessore al bilancio. Un De Luca nel Municipio deluchiano. Un'investitura. Proiettata verso una futura ascesa alla poltrona di primo cittadino. Se è vero che lo stesso Napoli avverte che non si candiderà al bis, e che papà Vincenzo suggerisce che «Salerno ha bisogno di un ricambio generazionale».

Democrazia dinastica? No, fa spallucce Piero. «Salerno è un modello da portare nelle scuole e nelle università quale esempio di successo della democrazia rappresentativa fondata sull'elezione diretta del sindaco». Lo disse al Mattino, lo rivendica ad ogni passo della sua campagna elettorale. Piero ha 38 anni, una moglie (Laura Zanarin), una figlia (Mariagrazia) e un curriculum importante ma diverso da quello di Roberto. È avvocato, laurea con lode anche lui, referendario della Corte di Giustizia della Ue a Bruxelles, siede nell'assemblea nazionale e nella segreteria regionale del Pd. Il 4 marzo punta ad ottenere uno scranno in quel Parlamento in cui il padre è stato deputato prima di ascendere alla carica di sottosegretario. Un'altra eredità di potere? «Mi ha voluto Renzi», non si stanca di ripetere Piero. Il primogenito. E anche il primo ad incappare nelle sabbie mobili di un'inchiesta giudiziaria. A maggio lo attende il processo per il crac dell'Ifil, società di intermediazione salernitana. Lui ha fiducia nella magistratura, e non vede l'ora di dimostrare la propria estraneità ai fatti. Come, ora, il fratello minore. Vite parallele con un cognome importante. Con il peso, oltre che il vantaggio, di chiamarsi De Luca.
 

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