L'usura della moglie del boss morto,
la Procura chiede 40 anni di carcere

L'usura della moglie del boss morto, la Procura chiede 40 anni di carcere
di Nicola Sorrentino
Giovedì 13 Dicembre 2018, 18:46
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SCAFATI. Rischiano 40 anni di carcere totali gli imputati coinvolti nell'inchiesta “Get a money”, dove l'usura veniva praticata da un intero nucleo familiare a Scafati. Di seguito le richieste del pubblico ministero Roberto Lenza, pronunciante dinanzi al collegio del tribunale di Nocera Inferiore, ieri mattina: otto anni e mezzo per Elvira De Maio, 59 anni, vedova del boss Antonio Porpora e per il figlio, Raffaele Porpora, 38 anni, già condannato per un episodio interno all'inchiesta principale con rito abbreviato, sette anni per Francesco Rosario Civale, 22 anni, cinque anni di reclusione per Marianeve Perrotti, 50enne originaria di Torre Annunziata e residente a Scafati, cinque anni per Antonio Davide, 49 anni, sei anni per la “nonna” Gerardina Nastro, 75enne, e assoluzione per Antonietta Di Lauro, 61 anni, impiegata dell’Asl. I sette imputati erano finiti a giudizio dopo il rito immediato della procura, sulla base di un quadro probatorio ritenuto forte, con prove evidenti, al punto da bypassare l'udienza preliminare. Le indagini furono condotte dagli agenti della polizia giudiziaria della procura. 

Secondo le accuse, il gruppo avrebbe prestato denaro a chi ne aveva bisogno, ma praticando tassi usurai spropositati ed esercitando violenza, per poi riavere il contante indietro. Prima avvisi bonari, poi minacce ed intimidazioni verso tutti i debitori che non riuscivano a pagare in tempo. L’indagine durò appena sei mesi, partita il 22 giugno 2017, quando negli uffici della procura si presentò una delle vittime, che raccontò il suo calvario con uno degli imputati, spiegando di minacce esplicite rivolte a lui e promesse anche alla sua famiglia. Elemento principale dell'inchiesta fu ritenuta Elvira De Maio, poi il figlio Raffaele Porpora. Dopo aver raccolto elementi attraverso intercettazioni e pedinamenti, gli agenti di polizia tesero una trappola al 38enne, ammanettato prima del blitz, dopo aver ricevuto il denaro dalla vittima. I prestiti individuati dagli inquirenti andavano dai mille ai quattromila euro, con tassi di interesse del 20% ogni mese, il tutto a gestione in house della famiglia.
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