Emergenza profughi, Maffeis: «L'accoglienza è a carico della Chiesa»

Emergenza profughi, Maffeis: «L'accoglienza è a carico della Chiesa»
di Francesco Lo Dico
Mercoledì 29 Agosto 2018, 07:30 - Ultimo agg. 15:08
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È anche grazie al suo paziente lavoro svolto per conto della Conferenza episcopale italiana, che dopo il lungo braccio di ferro ingaggiato dal Viminale con l'Europa si è infine giunti al disgelo sulla nave Diciotti. Ma a poche ore dall'arrivo dei cento migranti adottati dalla Chiesa nel centro ecclesiastico di Rocca di Papa, don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e direttore dell'Ufficio per le comunicazioni sociali, allontana i toni trionfalistici: «La nostra spiega - è stata una risposta di supplenza. Un gesto simbolico che riguarda poche centinaia di persone e sarà totalmente a carico della Chiesa. Ma di fronte a un fenomeno migratorio così ampio, la vera risposta che un Paese democratico deve dare matura da processi ben diversi».

Molti hanno sollevato in queste ore qualche dubbio. L'accoglienza sarà a carico dello Stato o della Chiesa?
«Non si può pensare di compiere un gesto di solidarietà verso persone in difficoltà, e poi non essere conseguenti anche sul piano economico. Va chiarito che l'accoglienza sarà gratuita, a carico della Chiesa italiana, in strutture delle nostre diocesi. Altri tipi di soluzione avrebbero svilito il senso del nostro intervento».

L'ospitalità sarà garantita con i fondi della Cei?
«La Cei si impegna simbolicamente a sostenere l'accoglienza con i fondi dell'otto per mille, ma in realtà l'esperienza ci insegna che nessuna diocesi ha mai chiesto in passato rimborsi. È il segno tangibile di quella solidarietà e di quella condivisione che caratterizza le nostre realtà ecclesiali. Sui territori la gente è molto più disponibile e generosa di quanto si possa pensare».

L'arrivo dei migranti a Rocca di Papa ha sollevato tuttavia il malumore dei cittadini. È preoccupato?
«Ho parlato con il sindaco nel primo pomeriggio e l'ho trovato molto sereno. Tuttavia non bisogna sottovalutare eventuali proteste o pensare di sostituirsi a chi vive il territorio e può avvertire l'esigenza di sollevare temi sui quali confrontarsi».
 
Gli ospiti accolti ieri sera saranno trasferiti?

«La nostra è stata una risposta a un'emergenza umanitaria, ma non c'è alcuna intenzione di mettere in difficoltà i cittadini di Rocca di Papa. Si tratta di pochi giorni. Una volta curate, e una volta chiarita la composizione dei nuclei familiari, queste persone saranno ricollocate in piccoli gruppi nelle diverse diocesi che hanno offerto la loro disponibilità spontaneamente. Torino, Brescia, Bologna, Agrigento, Cassano all'Jonio, Rossano Calabro, per citarne solo alcune».

L'immigrazione genera in Italia crescente apprensione. Sette connazionali su dieci avvertono quadruplicati, rispetto alla realtà, i flussi migratori. Colpa della politica?
«È un problema di percezione alterata. Stiamo scaricando sui migranti paure e insicurezze che trovano nell'altro il capo espiatorio. Le difficoltà economiche e i fatti di cronaca amplificano spesso i luoghi comuni e alimentano una visione alterata che trasforma i migranti in nostri nemici, e la loro presenza in un'invasione».

L'asse nascente tra Salvini e Orban, non rischia di isolare ancora di più il nostro Paese?
«L'intenzione del nostro governo era quella di provocare attraverso lo stallo della nave Diciotti una risposta dei governi europei che non è arrivata. È per questo che la Chiesa è intervenuta. Senza voler giustificare l'impasse provocata a bordo della nave, occorre però dirsi francamente l'Europa sta dimostrando una fortissima miopia. Un fenomeno del genere non può essere affrontato dal singolo Paese. Su un tema così importante, una vera Unione europea deve trovare il coraggio di sedersi e confrontarsi».

Il caso Diciotti sembra l'avvio di una nuova fase, in cui la Chiesa sembra voler stare in campo con più forza. È così?
«Abbiamo già 28mila migranti accolti in strutture ecclesiastiche. Ma la risposta non può essere quella dell'emergenza: dev'essere politica. La Chiesa continuerà a fare quello che ha sempre fatto. E si augura di poter fare di più. Il Paese è molto più solidale di quanto non sembri sui social. Ma il tema deve essere affrontato insieme. La Chiesa continuerà a fare la sua parte, senza per questo sostituirsi a uno Stato o a un governo».

Che cosa pensa di fare invece la Chiesa sul piano europeo per sensibilizzare i singoli territori dell'Unione?
«Le Conferenze episcopali d'Europa sono impegnate in un piano d'informazione migliore che sul tema dei migranti sia più aderente alla realtà.

Inoltre le singole Caritas europee sono in contatto tra di loro nel tentativo di dare risposte, nella consapevolezza che il ruolo della Chiesa resterà tuttavia un ruolo di servizio e di solidarietà legato a quadri politici e culturali più complessivi. Sappiamo di essere chiamati a esserci, e di voler portare un contributo fattivo che porti solidarietà concreta».

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