«Sepe non indagò su prete pedofilo». Curia: nessun elemento per processo

«Sepe non indagò su prete pedofilo». Curia: nessun elemento per processo
Lunedì 6 Febbraio 2017, 11:34 - Ultimo agg. 7 Febbraio, 08:42
3 Minuti di Lettura
Un uomo, il suo nome di fantasia è Diego Esposito, che aveva denunciato di essere stato vittima di abusi sessuali nel 1989, quando aveva 13 anni, da parte di un insegnante di religione della scuola media a Napoli, ha scritto al Papa per «denunciare il cardinale Crescenzio Sepe per grave negliglenza nell'esercizio del proprio ufficio». Lo scrive la Repubblica.

La Curia di Napoli - secondo quanto evidenziato dal denunciante - non avrebbe svolto alcuna attività nei confronti del sacerdote. L'anno scorso l'uomo aveva anche fatto uno sciopero della fame per sollecitare un intervento della Chiesa. L'esposto è stato inviato lo scorso 11 ottobre e si tratta - secondo quanto riferisce il quotidiano - della prima denuncia che si appella alla lettera apostolica motu proprio 'Come una madre amorevolè scritta dal Pontefice e diventata legge canonica con la previsione della rimozione di vescovi colpevoli di grave negligenza nella gestione di casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti. In una lunga nota diffusa sul caso oggi dalla Curia di Napoli, il cancelliere arcivescovile padre Luigi Ortaglio ricostruisce la vicenda e conclude evidenziando che «trasmessi gli atti dell'attività istruttoria della Congregazione per la dottrina della fede, questa nel 2016 riteneva non essere emersi gli elementi sufficienti per avviare un processo penale».

«Nell'anno 2010 - si evidenzia - la Curia arcivescovile riceveva lettere» da parte della vittima di abusi e del suo psichiatra, il dottor Alfonso Rossi, che denunciavano presunti abusi subiti dall'età di 13 anni a quella di 17 da parte di un sacerdote, don S.M., negli anni 1986-1992. «Nonostante fino a quel momento» il sacerdote «avesse sempre goduto della stima dei Superiori e dei Fedeli, svolgendo con dedizione il ministero sacerdotale in due Parrocchie, l'Arcivescovo incaricò immediatamente il Vicario generale di condurre un'indagine per verificare la verosimiglianza delle accuse mosse. Il Vicario generale pertanto incontrò ed ascoltò» prima la presunta vittima, il suo psichiatra ed il sacerdote «il quale fin da subito negò decisamente la veridicità di quanto affermato. Comunque, nonostante nulla confermasse le accuse, si convenne insieme al sacerdote sull'opportunità di un periodo sabbatico di riposo e distacco dalla Parrocchia presso una comunità religiosa, fuori diocesi».

Nel 2014 il giovane «prima personalmente e poi tramite il suo legale, l'avvocato Sergio Cavaliere, chiedeva di essere ancora una volta ascoltato dall' Autorità ecclesiastica e di ottenere dall'Arcidiocesi di Napoli un risarcimento per i danni provocati dai presunti abusi da lui denunciati».
Nel frattempo, la vittima, sostenuta dalla Rete 'L'Abusò «si è rivolto al Santo Padre. La Congregazione per la dottrina della fede, come avviene generalmente in questi casi, con lettera del 2 ottobre 2014 affidava all'Arcidiocesi di Napoli il compito di effettuare una investigatio previa a norma del can. 1717 del C.J,C'. Pertanto, sottolinea padre Luigi Ortaglio,
«nell'ambito di tale indagine sono stati di nuovo formalmente ascoltati la presunta vittima, il suo psichiatra, l'accusatore, il suo psicologo, vari testimoni, tra cui uno indicato dallo stesso accusatore ed un altro spontaneamente presentatosi dopo una nota trasmissione televisiva Rai che si è occupata del caso. Inoltre, nell'ambito di tale istruttoria, su indicazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stato chiesto» al denunciante «di sottoporsi a una perizia psichiatrica, affidata ad un neuropsichiatra specializzato in psicologia forense, vittimologia e criminologia, qualificato per la cosiddetta 'ricostruzione della memoria testimoniale'. Purtroppo non è stato possibile espletare tale perizia per il rifiuto del periziando».
© RIPRODUZIONE RISERVATA