Il ritorno al passato che divide l'Italia

di Gigi Di Fiore
Giovedì 13 Dicembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 13:30
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L'impegno messo dal sindaco leghista di Pisa, Michele Conti, insieme con il deputato del suo partito, Edoardo Ziello, per ottenere lo stop dell'apertura sperimentale della Scuola Normale Meridionale a Napoli, è un ritorno al passato che deve far riflettere. Quella Lega, che Matteo Salvini si è impegnato a definire partito ormai nazionale, mostra in questa vicenda di non avere affatto cambiato pelle. Le dichiarazioni di chiusura dei due esponenti leghisti, soddisfatti «per avere impedito che la Normale di Pisa venga portata al Sud» senza avere neanche il coraggio di nominare Napoli, riportano all'ampolla del Po, al peggiore Borghezio, al refrain anti-meridionale con tanto di odio verso i terroni. Quei video dei due esponenti del Carroccio toscano rischiano di mettere in discussione in pochi secondi la strategia dei «bagni di folla» romani e napoletani del leader leghista che ha voluto cancellare la parola Nord dal simbolo del partito, perché contano anche comportamenti e coerenza di chi milita sotto la stessa bandiera del ministro dell'Interno. È ancora più grave, perché stiamo parlando di istruzione, cultura, formazione, insomma delle scommesse più importanti per il futuro del nostro Paese. Di tutto il Paese e non solo di una sua parte. Sono settori che dovrebbero essere l'opposto della chiusura. E questo stop arriva quando è sempre più dimostrato che la grande fuga dei cervelli parte in prevalenza dal Mezzogiorno, dopo la laurea e la formazione di tanti giovani nelle Università meridionali.

Non è un caso che l'attuale direttore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone, si sia laureato e formato alla nostra Federico II. E non è un caso, nel provincialismo e nella chiusura alimentata dagli esponenti leghisti, che lo stesso direttore rischi ora la sfiducia nel Senato accademico su una mozione presentata dalla componente più influenzabile, quella studentesca.

Nel 2018, siamo costretti allora a ricordare ai giovani, magari troppo presi dai loro studi alla Normale di Pisa, che la Normale Meridionale, in forma sperimentale, sarebbe stata avviata nella sede e con l'apporto di un'Università intitolata dal 1992 a Federico II di Svevia. Non un'istituzione qualunque, ma un'Università fondata per editto imperiale nel 1224, tra le dieci più antiche del mondo. Qui non si vogliono fare graduatorie, che sanno di chiusura, ma solo rivendicare la serietà e il prestigio sempre attuale di una sede universitaria che ha saputo creare con la Apple, tanto per citare l'esempio dell'ultimo investimento strategico in ordine di tempo, uno dei centri di formazione avanzata di informatica tra i maggiori in Europa. 

Non è «una battaglia vinta per Pisa» come annuncia tronfio il sindaco leghista, ma una vera sconfitta per l'Italia che ha fallito un'altra occasione di integrazione. Napoli avrà comunque la sua Scuola di Alta specializzazione. Sarà la prima a nascere, non guasta ricordarlo, nel Mezzogiorno. Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, dopo essersi piegato al diktat leghista che lo ha spinto ad escludere il marchio della Normale dal progetto, ha comunque confermato lo stanziamento di 50 milioni che consentirà di avviare i corsi. L'Università federiciana ha tutte le capacità per fare da sola, per costruire una scuola di eccellenza che si aggiungerà alla sei già esistenti nel Centro Nord. Certo, la collaborazione tra Pisa e Napoli avrebbe contribuito alla conoscenza, all'arricchimento e all'avvicinamento culturale del Paese. Lo avevano ben chiaro il rettore della Federico II e presidente della conferenza dei rettori italiani, Gaetano Manfredi, insieme con il direttore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone, che avevano pensato e preparato il progetto. E ne erano convinti anche tutti quei deputati della Camera che avevano dato, con il loro voto favorevole, il via libera alle nozze tra le eccellenze di Pisa e Napoli. Hanno invece prevalso il particolarismo, il provincialismo e la gelosia territoriale. La Scuola partirà comunque e, ne siamo sicuri, realizzerà i suoi obiettivi con successo. Ma di sicuro resta tanta amarezza e una certezza: la Lega non si è ancora messa alle spalle la sua storia antica e continua ad ignorare il Mezzogiorno e le sue potenzialità.

 
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