Per Gualtieri è un cruccio. Sulla Capitale stanno per atterrare i miliardi del Recovery Ue, ma la macchina burocratica del Campidoglio lavora a marce ridotte. C’è la benzina, ma il motore non ha i cavalli. Paradossi della burocrazia italiana. E romana. «Una cosa incredibile - ammette perfino il sindaco - col Pnrr avremo parecchie risorse a disposizione, ma non abbiamo abbastanza tecnici per gestire gli investimenti». Il Comune di Roma ha in organico 24mila dipendenti, costano ai contribuenti quasi un miliardo di euro (985.211.399 euro nel 2020), ma servirebbero, dice Gualtieri, «ingegneri, tecnici, personale che adesso non abbiamo». Anche perché in mille sui 24mila travet hanno appena la terza media, altri 13mila hanno strappato la maturità. Solo in 1.521 hanno un master. Nonostante sia questo l’esercito che ha ereditato, il sindaco si dice «ottimista». Sa che la riuscita del suo mandato a Palazzo Senatorio dipende in buona parte da come sarà gestita la pioggia di fondi in arrivo da Bruxelles. «Per Roma - ha detto la settimana scorsa a un convegno della federazione banche assicurazioni e finanza - il Next Generation Eu è una grande opportunità, non possiamo fallire».
Nel corpaccione degli impiegati capitolini, gli esperti degli appalti scarseggiano, ma quei pochi che ci sono litigano per i bonus.
Al di là delle baruffe fra grand commis comunali, il problema preoccupa l’amministrazione di Gualtieri per il Recovery, che dovrebbe rivoluzionare (in meglio) un po’ tutto: dai rifiuti, con i nuovi impianti, ai trasporti, con 520 bus elettrici. Dice Antonio Stampete (Pd), presidente della Commissione Lavori pubblici: «Già abbiamo pochi tecnici per gli appalti, che sono fondamentali per il Pnrr. Se nemmeno quei pochi che ci sono ottengono gli incentivi, il rischio è che i progetti vadano ancora più lenti di oggi. E con il Recovery non ce lo possiamo permettere». Perché per incassare gli aiuti Ue tocca rispettare la tabella di marcia, tenuta d’occhio da Bruxelles. I cantieri devono procedere spediti, altrimenti non arriva un euro. Ecco perché lo scorno tra dirigenti sugli incentivi allarma il nuovo governo cittadino. I ritmi pachidermici della macchina comunale sono noti. «Al dipartimento Lavori pubblici abbiamo 270 dipendenti, ma, hanno calcolato gli uffici, solo qui ne servirebbero altri 150», riprende Stampete. Risultato: i soldi in cassa non si spendono. «Nell’ultimo anno su 300 milioni per le infrastrutture, ne sono stati spesi 100».