Fontana di Trevi, la Raggi ci ripensa: le monetine alla Caritas

Fontana di Trevi, la Raggi ci ripensa: le monetine alla Caritas
di Stefania Piras
Lunedì 14 Gennaio 2019, 07:49 - Ultimo agg. 15 Gennaio, 01:09
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Grande imbarazzo ieri in Campidoglio per le polemiche, e le critiche, legate alla scelta di tenersi tutte le monetine depositate sul fondo della Fontana di Trevi. Al punto che Virginia Raggi ha dovuto correre ai ripari facendo filtrare la sua irritazione e convocando una riunione con i servizi sociali, il dipartimento Cultura e i funzionari del bilancio per «chiedere chiarimenti» su come gestire quel milione e mezzo di euro che vengono recuperati ogni anno dai fondali. E soprattutto su come evitare la figuraccia.
 



Tradotto: il Comune continuerà in qualche modo la collaborazione con la Caritas a cui erano tradizionalmente destinati gli spiccioli tuffati nell'acqua dai turisti. Alla fine lo strumento scelto potrebbe essere quello del protocollo con Caritas che sancirebbe un principio: quei soldi non sono di proprietà della Caritas e il Comune potrebbe esercitare un controllo di trasparenza. Tutto inizia con una memoria di giunta firmata Raggi che chiude il rapporto con Caritas a cui viene concessa una proroga di tre mesi a partire dal 31 dicembre «e comunque non oltre». Parole che hanno provocato il gelo e l'amarezza della diocesi romana abituata con quei soldi a realizzare progetti sociali dedicati ai più bisognosi.

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LA MACCHINA
Una macchina, per capire, che muove oltre 5 mila volontari e 300 operatori impegnati ogni giorno in 51 opere tra mense, ostelli, comunità alloggio, case famiglia, ambulatori medici, servizi domiciliari, centri di ascolto nelle carceri e 145 centri di ascolto parrocchiali. Cosa è intervenuto per escluderli dal tesoretto di Fontana di Trevi? Il solito pasticcio burocratico di competenze e decisioni. Raggi ieri studiando il caso se l'è presa con la Ragioneria e gli uffici collegati. Quei soldi, una volta insacchettati e messi al sicuro nel salvadanaio capitolino andrebbero messi a bilancio per certificarne la natura pubblica. E non è facilissimo codificare questo passaggio perché il turista che getta la monetina, come da tradizione, non pensa a fare un'offerta al Campidoglio ma al massimo si concentra per esprimere un desiderio. E però, nella memoria di giunta in cui si affida ad Acea l'operazione di pulizia della fontana e conseguente recupero e conteggio delle monete, non si potrebbero consegnare direttamente i soldi a Caritas.

LO SDEGNO
Che ieri avesse vinto la Caritas, e quindi che la giunta dovesse correre ai ripari, lo si era capito subito quando la diocesi aveva pubblicato un messaggio su Facebook in cui ringraziava per le proteste e lo sdegno dimostrato per la faccenda.
«Cari amici - si legge - la decisione del Comune di Roma di modificare la procedura di affidamento per le monetine di Fontana di Trevi - finora utilizzate in progetti di solidarietà promossi dalla Caritas di Roma - con un iter amministrativo ancora non definito, a partire dal prossimo 1° aprile, ha destato numerose prese di posizione che invitano la sindaca Raggi a modificare tale decisione. Giornalisti, politici, sacerdoti e tanti cittadini sono intervenuti sui social network».
«Grazie per il sostegno che continuerete a manifestare», concludevano. E così ieri Palazzo Senatorio per non sembrare l'ente arcigno che si tiene le monetine dei turisti e interrompe i progetti di solidarietà si è affrettato a ricordare quanto la prima cittadina apprezzi il lavoro della diocesi e che Raggi stessa anche in passato ha partecipato alle celebrazioni di Natale presso la sede di via Marsala.

LA REINTERNALIZZAZIONE
Già in una memoria dell'ottobre del 2017 era comparsa la volontà di internalizzare la gestione delle monete in capo al Comune. Nella memoria più recente oltre alla solidarietà si specificava la necessità di utilizzarle per la manutenzione ordinaria dei beni culturali. Ma il nuovo meccanismo di gestione non è andato in porto e così si è innescata la prudente marcia indietro dettata dalle proteste del mondo religioso, inaugurate con monsignor Paolo Lojudice che definiva avvilente la situazione dei rifiuti nella Capitale e poi dal quotidiano dei vescovi Avvenire che aveva stigmatizzato la scelta sintetizzando così: «Una decisione che porterà a ridurre o chiudere molti servizi per i più poveri. Con prevedibili ripercussioni sul clima sociale della città».
Chi ha invocato la marcia indietro è stato Stefano Pedica del Pd: «L'impegno della Caritas va premiato e non definanziato». E il fragore della retromarcia ingranata a gran velocità ieri era più che evidente.
 

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