Trump-Putin, il fiato del mondo sospeso ad Helsinki

Trump-Putin, il fiato del mondo sospeso ad Helsinki
di Luca Marfé
Lunedì 16 Luglio 2018, 15:36
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NEW YORK - Il fiato del mondo sospeso ad Helsinki. Donald Trump e Vladimir Putin tra le mura del palazzo presidenziale: sorridono, posano per le foto ufficiali, vengono immortalati in una stretta di mano che vale il 90% dell’arsenale nucleare mondiale.

Sospetti, formalità e cortesie, ma anche tanti dossier sparpagliati sul tavolo: dal nucleare, appunto, al commercio, alle forze armate, alla Crimea, alla Cina.



«Stanno accadendo talmente tante cose di cui dobbiamo discutere», sottolinea lo “zar”.

«I nostri rapporti con la Russia non sono mai stati peggiori», gli fa eco il tycoon che scarica come di consueto qualsiasi responsabilità sull’amministrazione Obama. «Anni di follia e di stupidità». Promette di sistemare tutto, però: «sono in carica da meno di due anni, ma credo che finiremo con l’avere delle relazioni eccellenti».

Clima assai disteso, dunque. Persino troppo, secondo molti.

E dagli Stati Uniti è Hillary Clinton a mordere il suo rivale, con un cinguettio che allunga di nuovo l’ombra del Russiagate sulla Casa Bianca.

«Fantastica Coppa del Mondo. Una domanda per il presidente Trump alla vigilia del suo incontro con Putin: sai per che squadra giochi?».



Da che parte stai, insomma. Il tutto una manciata di ore prima che i due “giganti” si chiudessero in una stanza, da soli con i rispettivi interpreti.

Nessun consigliere, nessun assistente.

Solo Trump da una parte e Putin dall’altra. Quasi a voler alimentare di proposito chiacchiericcio e narrativa attorno alla luna di miele tra Washington e Mosca. Ipotesi non da escludere del tutto, considerata la gestione perennemente provocatoria della comunicazione e dell’immagine di entrambi i leader.

Esistono tuttavia delle ragioni ufficiali dietro allo schema voluto in particolare da Trump.

In primis, sviluppare un’intesa personale che possa andare al di là dei rapporti istituzionali tra i due Paesi. Un po’ come avvenuto con Kim Jong-un in quel di Singapore. In secondo luogo, il Commander in Chief statunitense è notoriamente ossessionato dal timore che informazioni sensibili condivise durante gli incontri di alto livello possano trapelare per bocca di eventuali presenti. E, infine, altre persone avrebbero potuto interrompere o comunque minare la conversazione che i due hanno preferito dunque tenere privata e blindata.

C’è da tenere conto, inoltre, che questa sorta di testa a testa è soltanto uno dei momenti del vertice che prosegue con una riunione allargata a delegazioni ampie.

Più che sufficiente, però, per produrre isterismi a stelle e strisce, in special modo sul versante democratico.
Riguardo ai repubblicani, invece, la destra americana subisce e in qualche maniera accetta una nuova educazione forzata: voltare le spalle agli alleati tradizionali, ed all’Europa nello specifico, per schierarsi pian piano dalla parte del nemico giurato di sempre: la Russia di Putin. La Russia di una Guerra Fredda che, chissà, potrebbe davvero finire oggi.
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