Spagna, il Tribunale Supremo rifiuta l'estradizione di Puigdemont dalla Germania e ritira l'ordine di cattura europeo

Carles Puigdemont durante la presentazione in video dalla Germania della Crida Nacional
Carles Puigdemont durante la presentazione in video dalla Germania della Crida Nacional
di Paola Del Vecchio
Giovedì 19 Luglio 2018, 18:01 - Ultimo agg. 20:39
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MADRID - L’ex presidente catalano Carles Puigdemont è libero di muoversi in Europa e nel resto del mondo e sarà arrestato solo se rimetterà piede in Spagna. Dopo la decisione del tribunale tedesco di Schleswig-Holstein di concederne l’estradizione per il solo reato di malversazione di fondi, il giudice del Tribunale Supremo spagnolo, Pablo Llarena, ha rinunciato a riprenderlo in consegna. E ha revocato l’ordine di arresto europeo e internazionale nei confronti del leader indipendentista, che altrimenti non potrebbe essere processato in Spagna per il principale reato di ribellione del quale è accusato, punito fino a 30 anni di carcere. Ritirati anche gli euro ordini di detenzione per gli altri cinque dirigenti catalani riparati in Belgio, Svizzera e Scozia: Antonio Comin, Luuis Puig, Maritxell Serret, Clara Ponsatí e Marta Rovira.

Una decisione, quella di Llarena, attesa ma non per questo meno polemica. Il magistrato considera che il tribunale regionale tedesco ha minato la sua capacità come giudice istruttore, anche se esclude di portare il caso davanti alla Corte di Giustizia europea. In toni durissimi, nell’ordinanza di 21 pagine notificata oggi Llarena rileva «la mancanza di impegno» del tribunale tedesco, che «potrebbe aver violato l’ordine costituzionale spagnolo», in quando con la sua decisione ha anticipato un processo per il quale non ha competenze. E, peraltro, non conforme ai precetti della normativa quadro sull’ordine di arresto europeo, né tantomeno al manuale sull’euro-ordine della Commissione Europea.  Accettare l’estradizione di Puigdemont – è il ragionamento del gip spagnolo - avrebbe significato che il capo gerarchico dei 25 rinviati a giudizio per l’organizzazione del referendum illegale del 1º ottobre e la dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna sarebbe l’unico a non essere processato per ribellione o disobbedienza, ma per il solo delitto minore di malversazione, punito con un massimo di 12 anni di carcere. Con un evidente aggravio per i leader indipendentisti, che non sono fuggiti all’estero - come Oriol Junqueras di Esquerra Repubblicana - in carcere preventivo da otto mesi. Per di più, l’estradizione di Puigdemont per il reato minore comporterebbe la sua riammissione di come presidente della Generalitat, venendo meno la principale imputazione per la quale è stato interdetto dai pubblici uffici.

La difesa tedesca di Puigdemont, guidata dal  giurista Wolfgang Schomburg, ex presidente del Tribunale supremo tedesco, ha plaudito alla decisione di Larena, definita «ragionevole» e «logica conseguenza» della strategia difensiva seguita negli ultimi mesi. Da parte sua, il leader indipendentista ha celebrato in Twitter: «Oggi è un giorno per reclamare più forte di sempre la libertà dei prigionieri politici. La revoca degli ordini di arresto è la dimostrazione dell’immensa debolezza della causa giudiziaria. Revocare il carcere preventivo sarebbe la dimostrazione che la giustizia spagnola comincia ad agire come quella europea». Una tesi contrastata dall’attuale governo socialista e dal precedente esecutivo conservatore dei Popolari, per i quali in Spagna esiste una divisione fra poteri dello stato e non ci sono «prigionieri politici» in carcere, bensì autori di una violazione flagrante dell’ordine costituzionale e dello Statuto di autonomia catalano. In un ricorso al Supremo, la Procura si è oggi di nuovo opposta alla scarcerazione di Oriol Junqueras, Raul Romeva, Carme Forcadell, Josep Rull, Jordi Turull, Joaquim Forn, Dolors Bassa, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, sostenendo che persiste il rischio di fuga e di reiterazione del reato.

Ma, al di là della vicenda giudiziaria e processuale, Puigedmon è sempre più il pomo della discordia fra Junts per Catalunya (JXCat) ed Esquerra Repubblicana (Erc) e la causa di uno scisma, che potrebbe definitivamente mandare in frantumi il fronte indipendentista. Per ora, ha provocato la paralisi dell’attività del Parlamento catalano. Al centro del contendere, la volontà di JXCat di blindare Puigdemont, ed escluderlo dalla sospensione decretata dal giudice Llarena nei confronti di tutti i deputati imputati, rieletti lo scorso dicembre. Dietro la richiesta, la volontà dell'ex governatore di non essere sostituito, per non rischiare di scomparire dalla scena, dal suo auto-esilio dorato in Germania. Una pretesa di distinguo alla quale si sono opposti frontalmente gli esponenti di Erc, accusando JXCat di essere “ossessionata” dall’ex presidente. Ma anche alcuni deputati della vecchia Convergencia, decisi a spogliare dei suoi privilegi Puigdemont, che intanto lavora per portare acqua al proprio mulino. Solo martedì l’ex president aveva annunciato la creazione della ‘Crida Nacional’, setaccio in catalano, un movimento trasversale, di superamento del PdeCat e con un unico obiettivo: rendere effettiva l’indipendenza e la repubblica catalana. Non è la prima volta che Puigdemont lancia un’Opa sull’intero movimento sovranista, per neutralizzare Erc, oggi il primo partito se si tornasse a votare, secondo i sondaggi. La ‘Crida’, vista di buon occhio dall’Assemblea Nazionale Catalana dell’attuale governatore Quim Torra, sarebbe il primo passo per monopolizzare la Diada, la festa nazionale catalana  dell’11 settembre, che da un lustro rappresenta l’esibizione del muscolo indipendentista in piazza. E per prepararsi a nuove elezioni. “Confondono unità con uniformità”, è stata la risposta secca del presidente del Parlamento catalano, Roger Torrent, di Esquerra.

Fra accuse incrociate – i repubblicani hanno dato per rotta la fiducia con JXCat, mentre questa ha accusato Erc di essersi accordata sotto banco con i socialisti al governo di Spagna – e nell’impossibilità di una ricucitura, a Torrent, non è rimasto che rinviare sine die l’ultima seduta del Parlament prima delle ferie. Mentre lo stesso premier del Psoe, Pedro Sanchez, non ha escluso un ritorno alle urne nella regione già in autunno.
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