Sequestri-lampo, il business dei criminali del deserto

di Cristiano Tinazzi
Mercoledì 21 Settembre 2016, 07:59
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La pratica dei rapimenti-lampo in Libia è tristemente nota e largamente diffusa. In genere vengono rapiti libici da altri libici, soprattutto se di famiglie importanti o facoltose. Vittime sono persone comuni come componenti del governo. Se nel primo periodo di guerra civile venivano rapiti (e uccisi) ex uomini di Gheddafi, negli anni a seguire i sequestri sono diventati un modo per fare velocemente soldi con il minimo rischio.

LA STRADA PER LA TUNISIA
Ci sono zone fuori Tripoli, come quella a ovest, sulla strada costiera che porta alla Tunisia, dominata dalla tribù Wersahfana, che ha avuto un altissimo numero di sequestri -lampo. In genere sono rapimenti a scopo di estorsione. Solo nel 2015 i casi sono stati centinaia (con diverse decine di morti) e hanno anche coinvolto minori. Per quanto riguarda gli italiani in questi ultimi tre anni ci sono stati cinque casi tra Tripolitania e Cirenaica. Il 17 gennaio 2014 vicino Derna (est) due operai calabresi, Francesco Scalise e Luciano Gallo, vengono fermati da sconosciuti in strada mentre si recano al lavoro; il 23 marzo dello stesso anno sempre in Cirenaica tocca al tecnico Gianluca Salviato (zona di Tobruk). In entrambi i casi gli ostaggi vengono liberati (Scalise e Gallo il 2 febbraio, Salviato il 13 novembre). Nel 2015 l'industria dei sequestri si sposta in Tripolitania. Il 6 gennaio viene rapito il medico siciliano Ignazio Scaravilli prelevato a Tripoli, davanti all'entrata dell'ospedale dove lavorava, da uomini armati. Verrà liberato il 9 giugno 2015.

IL BLITZ
Il 19 luglio Fausto Piano, Salvatore Failla, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno vengono sequestrati dopo essere entrati via terra dalla Tunisia lungo la strada costiera che porta a Tripoli, nella zona di Sabratha. Dopo otto mesi di prigionia, il 3 marzo 2016, lo scontro a fuoco che porta alla loro liberazione, lasciando sul terreno due dei quattro sequestrati, Failla e Piano.

In genere i gruppi dei sequestratori non sono politici ma criminali comuni. Il medico Scaravilli potrebbe essere stato prelevato per curare feriti nei combattimenti tra milizie o da elementi vicini a gruppi radicali. In alcuni casi viene effettuato un passaggio di mano tra bande criminali e gruppi jihadisti o legati al radicalismo islamico, come nel caso dei 4 operai della Bonatti. Anche in questo ultimo rapimento (il sesto quindi) i due tecnici italiani sono stati prelevati nel sud del Paese (primo caso) sul tragitto che li portava verso il luogo di lavoro.

CONDIZIONI DI SICUREZZA
Sembra assurdo che, nonostante tutti questi precedenti, le aziende italiane che operano in Libia continuino a non fornire le minime e più elementari condizioni di sicurezza ai propri dipendenti, come appunto il trasferimento da e verso il luogo di lavoro sotto protezione armata da parte delle autorità locali, e abitazioni e luoghi di lavoro messi in sicurezza. Oltre ai sequestri che toccano principalmente lavoratori stranieri, in Libia c'è anche la pratica del rapimento di politici o funzionari governativi, questo più utilizzato come strumento di avvertimento o ricatto che per estorsione. Basti ricordare il rapimento lampo dell'ex premier Ali Zidan nell'ottobre 2013 e quello del ministro per la Pianificazione, Ahmed al Kadar nel novembre 2015. Senza contare i casi di detenzione illegali operati da numerose milizie, anche nella capitale, che hanno portano alla scomparsa di centinaia di persone.