Regno Unito, lo spot di Natale bandito dalla tv: la catena di supermercati Iceland e gli orangotango da salvare

Regno Unito, lo spot di Natale bandito dalla tv: la catena di supermercati Iceland e gli orangotango da salvare
di Erminia Voccia
Domenica 11 Novembre 2018, 21:58 - Ultimo agg. 12 Novembre, 09:26
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Nel Regno Unito fa discutere lo spot di Natale del gigante dei supermercati Iceland, bandito dalle tv perché giudicato “troppo politico”. Nello spot una bambina si domanda perché una piccola orangotango abbia deciso di venire a vivere nella sua cameretta. La simpatica orango mette a soqquadro la stanza ma dopo poco si capisce che lo scopo del video animato è accendere l'interesse del pubblico sul tema della deforestazione nel Sudest asiatico, considerata responsabile della distruzione dell'habitat naturale di numerose specie animali. Clearcast, l'ente che si occupa di approvare gli spot pubblicitari da mandare in onda per esempio su Sky ha bloccato il video in quanto contente un messaggio politico contrario a quanto previsto dalle norme del Broadcast Code of Advertising Practice.

La campagna di sensibilizzazione, a cui l'attrice Emma Thompson ha prestato la propria voce, rischia di mancare l'obiettivo di far conoscere ai clienti dei supermercati le conseguenze provocate dalla produzione di olio palma, presente tra i componenti di moltissimi beni di uso quotidiano. Dai biscotti allo shampoo, dalla cioccolata, che l'orangotango lancia per aria, ai cosmetici, fino i prodotti per l'igiene della casa. Il video è dedicato “ai 25 orangotango che perdono la vita ogni giorno”, così si legge alla fine dello spot. Una decisione che conferma la scelta ambientalista fatta già a inizio anno dalla grande catena di supermercati, ovvero l'eliminazione dell'olio di palma dai prodotti a marchio Iceland. La catena britannica ha anche punta anche a eliminare la plastica entro l'anno 2003.



Un rapporto di Greenpeace diffuso a settembre aveva mostrato i danni causati appunto dalla produzione di olio di palma. I fornitori di Unilever, Nestlé, Colgate-Palmolive e Mondelez, tra i marchi più conosciuti al mondo, avrebbero causato la distruzione di un'area di foresta pluviale grande quasi due volte l'isola di Singapore nel breve arco di tempo di tre anni. L'indagine di Greenpeace International ha valutato i danni provocati da 25 grandi produttori di olio di palma, riscontrando la perdita di 130mila ettari di foresta pluviale dalla fine del 2015 ad oggi. Secondo gli autori dello studio, la deforestazione interessa per almeno il 40% Papua e l'Indonesia che fino a poco tempo fa non erano parte del business mondiale di tale prodotto. Sarebbero 12 i grandi marchi che acquisterebbero olio di palma dai 20 produttori indicati dalla ong: Colgate-Palmolive, General Mills, Hershey, Kellogg’s, Kraft Heinz, L’Oreal, Mars, Mondelez, Nestlé, PepsiCo, Reckitt Benckiser e Unilever. Il report di Greenpeace accusa Wilmar International, il più grande gruppo agroalimentare asiatico, di aver completamente fallito nel combattere la deforestazione e di aver cancellato l'habitat delle tigri.

La deforestazione contribuisce ad aumentare le emissioni di gas serra che sono tra le maggiori cause dei cambiamenti climatici. Non a caso proprio l'Indonesia figura tra i Paesi che toccano i livelli più alti al mondo di produzione di gas nocivi, insieme agli Stati Uniti e alla Cina. Inoltre, le compagnie che vendono olio di palma sono accusate anche di sfruttare i lavorati, i minori e le comunità locali. Nel rapporto dell'Onu diffuso il mese scorso gli anni da qui fino al 2030 sono stati definiti cruciali per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici e per intraprendere azioni concrete che possano salvare il pianeta.
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