Usa, il governo Trump va all'attacco: «L'Iran è gestito da una mafia»

Usa, il governo Trump va all'attacco: «L'Iran è gestito da una mafia»
di Luca Marfé
Lunedì 23 Luglio 2018, 19:06 - Ultimo agg. 24 Luglio, 10:09
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NEW YORK - «Il livello di corruzione e di ricchezza tra i leader del regime dimostra che l'Iran è gestito da qualcosa che assomiglia più a una mafia che a un governo».

Parole di Mike Pompeo, segretario di Stato ovvero numero uno della diplomazia a stelle e strisce. Parole in cui, però, di diplomatico non c’è davvero nulla.

Il braccio destro di Donald Trump non si limita soltanto ad alzare la voce, ma fornisce dettagli e numeri al riguardo.

«Khamenei - ayatollah e attuale guida suprema di Teheran e dintorni - ha un fondo segreto che vale 95 miliardi di dollari». Una cifra mostruosa, lontana dai libri contabili e dalle ombre del fisco, che lo stesso Khamenei utilizzerebbe per «diffondere la rivoluzione islamica in Iran, ma anche in altri Paesi. Con l’uso della forza, se necessario».



Una stoccata, infine, anche sui diritti umani. Altro pomo della discordia per gli statunitensi, accanto naturalmente al dossier nucleare.

«Al regime - parola che Pompeo ripete mai a caso con fare quasi ossessivo - non interessa nulla della prosperità, della sicurezza e della libertà del popolo iraniano. Popolo che anzi è vittima sacrificale nella marcia verso il completamento della rivoluzione».


(«Per 40 anni il popolo iraniano ha sentito dal proprio governo che l'America è il "Grande Satana". Crediamo che non siano più interessati a sentire questa #FakeNews»)

Corruzione e morte, tra chi sguazza in ricchezze difficili anche soltanto da quantificare e tra chi, invece, stenta di economie e di tutele.

È uno scenario da incubo quello che disegna Pompeo. E Trump, ancora alle prese con i fastidi legati al suo incontro con Putin, non può che cogliere la palla al balzo per ricominciare a fare ciò in cui è maestro: strillare.

«MAI E POI MAI MINACCIARE GLI STATI UNITI». Scritto proprio così, su Twitter, a caratteri cubitali. «O SOFFRIRETE DELLE CONSEGUENZE CHE POCHI NELLA STORIA HANNO SOFFERTO IN PRECEDENZA». E ancora, in una minaccia che cade giusto a metà tra il presidente Rouhani e la suprema guida Khamenei: «NON SIAMO PIÙ UN PAESE CHE SOPPORTERÀ LE VOSTRE FOLLI PAROLE DI VIOLENZA E DI MORTE. STATE ATTENTI!», con tanto di punto esclamativo finale.



La distensione firmata Obama, insomma, è un ricordo lontano, oramai in frantumi.

La verità è che Trump, sedato il fronte nordcoreano di Kim Jong-un, ha bisogno di un nuovo nemico giurato per distrarre le attenzioni dei media dal suo flirt con lo “zar” e dalle grane del Russiagate. E, forse ancor di più, per ricompattare le fila dei suoi sostenitori in vista delle elezioni di midterm.

Divide et impera. Del resto, gli è già riuscito una volta.

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