Una guerra fra la Russia e la Nato. Il segretario della Difesa Lloyd Austin non ha usato mezzi termini quando giovedì ha descritto ai membri del Congresso cosa succederebbe se l'Ucraina fosse sconfitta: «Putin non si fermerà con l'Ucraina. Continuerà a spingersi in avanti e ad attaccare il territorio sovrano dei suoi vicini. Credo proprio che la Nato si troverà a combattere con la Russia». Il capo del Pentagono non ha neanche usato il condizionale, a sottolineare che la volontà di Putin di riprendersi i Paesi che erano parte dell'Unione Sovietica risulterebbe ingigantita da una vittoria contro l'Ucraina. Ma se l'Ucraina non è membro della Nato e quindi l'Europa può restare fuori dalla guerra e sostenerla indirettamente con armi e finanziamenti, tutti i Paesi a cui Putin starebbe guardando, a cominciare dai Paesi baltici, sono parte dell'Alleanza Atlantica, e quindi protetti dall'articolo 5, che prevede la reciproca difesa se un alleato subisce un attacco armato. Ed ecco quindi la guerra Nato-Russia.
I commenti del capo del Pentagono hanno suscitato una reazione arrabbiata del Cremlino, dove il portavoce Dimitri Peskov li ha definiti «estremamente irresponsabili».
Quel che è particolarmente imbarazzante per l'immagine degli Stati Uniti è che in realtà il provvedimento di aiuti, circa 100 miliardi di dollari dei quali 60 solo per l'Ucraina, gode del supporto della netta maggioranza dei legislatori. Al Senato è già stato approvato con un voto bipartisan di 70-29. Alla Camera tuttavia una minoranza estremista che risponde ai diktat di Trump ha bloccato la legge, sostenendo che prima di occuparsi dei confini dell'Ucraina il Congresso dovrebbe occuparsi dei confini degli Usa violati da una «invasione» di migranti. Senonché quella stessa minoranza ha rifiutato anche di votare una legge, anch'essa approvata al Senato con voto bipartisan, che avrebbe imposto nuove severe restrizioni all'immigrazione e stanziato fondi per farle rispettare.
Questo teatrino, ha lamentato Austin, viene sicuramente seguito nel resto del mondo: «E altri autocrati guarderanno a questo e saranno incoraggiati dal fatto che non siamo riusciti a difendere una democrazia». Il cenno agli autocrati ovviamente voleva suggerire che la Cina stia deducendo che se a sua volta volesse violare i confini di un altro Paese, in questo caso Taiwan, gli Usa non sarebbero pronti a correre in difesa dell'isola.