Brexit, ecco cosa rischia la Gran Bretagna con l'uscita dall'Ue senza accordo

Brexit, ecco cosa rischia la Gran Bretagna con l'uscita dall'Ue senza accordo
di Erminia Voccia
Mercoledì 25 Luglio 2018, 19:50 - Ultimo agg. 26 Luglio, 09:36
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Mesi fa nessuno avrebbe preso sul serio l'ipotesi che il Regno Unito potesse uscire dall'Unione Europea senza un accordo formale. Neanche adesso questa opzione dovrebbe essere considerata ammissibile perché avrebbe delle pessime conseguenze su tutti i fronti, in particolare per i britannici. Tuttavia, viste le difficoltà di raggiungere un compromesso sui termini del divorzio, l'opzione “no deal”, ovvero “nessun accordo”, è tornata di attualità e potrebbe addirittura concretizzarsi se entro il termine fissato ad ottobre, cioè fra soli 3 mesi, i negoziati tra Londra e Bruxelles non dovessero condurre a nulla. A lanciare un monito all'Unione Europea è stato il nuovo ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt che il 23 luglio a Berlino ha accusato gli europei di mostrare poca “flessibilità”. «Senza un cambiamento di approccio da parte dei negoziatori dell'Ue, si corre il rischio di un no deal involontario», ha affermato Hunt.



«Nessun accordo è meglio di un cattivo accordo» continuava a ripetere Theresa May nelle prime fasi della trattativa. Oggi, a due anni dal voto sulla Brexit, quella frase potrebbe rivelarsi una profezia e segnare l'esperienza politica di May tanto più che da adesso in poi sarà lei stessa a guidare direttamente i negoziati con Bruxelles. Il piano proposto da Londra per lasciare l'Unione in maniera morbida non ha trovato favore in Europa e a May è costato molte critiche e le dimissioni dei due ministri Davis e Johnson. Nonostante gli intoppi non da poco il capo del governo britannico non ha ancora abbandonato le speranze di arrivare a un patto soddisfacente, ma nel frattempo il tempo scorre e il nuovo segretario per la Brexit Dominic Raab, che da questo momento in poi sarà il vice della premier, ha accelerato le pratiche per arrivare preparato all'ipotesi no deal.

Il Regno Unito lascerà l'Ue il 29 marzo 2019, una data che potrebbe significare l'inizio del caos. Per i britannici le conseguenze sarebbero: l'isolamento internazionale, un contraccolpo per l'economia e l'incertezza politica.
Molte grandi aziende sono contrarie all'uscita senza accordo con l'UE e hanno già espresso al governo May le loro preoccupazioni. Tra queste ci sarebbe anche Amazon, il cui numero uno nel Regno Unito Doug Gurr ha avvertito il ministro Raab che nel caso di no deal il Paese andrebbe incontro a “disordini civili”. Il gigante dell'e-commerce non ha confermato al Times l'affermazione che Gurr avrebbe pronunciato durante un incontro con Raab e altri top manager la settimana scorsa, ma ha ammesso che l'azienda sta valutando qualsiasi tipo di scenario.



Senza un accordo non ci sarebbe il periodo di transizione negoziato da May in cui il Regno Unito continuerebbe a seguire le norme dell'Ue. Ancora non si capisce quali norme resterebbero in vigore ma tale periodo, non inferiore a due anni a partire dal 29 marzo 2019, scatterebbe solo in caso di un'intesa.

I problemi maggiori riguarderebbero il commercio. Londra e Bruxelles sarebbero costrette a seguire le norme previste dal WTO, l'Organizzazione mondiale del commercio, che impongono lo stesso trattamento verso tutti i Paesi con quali non esiste un accordo sullo scambio di merci. La clausola della “nazione più favorita” stabilita dal WTO comporterebbe l'imposizione automatica di dazi su una vasta gamma di prodotti. Secondo le stime indicate in un rapporto elaborato dal Parlamento britannico, i più penalizzati sarebbero gli agricoltori di Sua Maestà che si troverebbero ad affrontare un aumento del 30 o del 40% sulle esportazioni verso l'Europa e per molti questo vorrebbe dire abbandonare gli affari. I consumatori britannici invece potrebbero non riuscire a permettersi alcuni prodotti per l'infanzia, come il latte. I prezzi di yogurt, burro e formaggio vedrebbero un aumento improvviso e ciò a causa della dipendenza del Regno Unito da questo tipo di importazioni. Gli effetti del no deal sull'economia britannica sono difficili da calcolare, ma a detta del Tesoro, i disoccupati salirebbero a 820 mila in due anni, la sterlina perderebbe il 15% del suo valore e la trappola della recessione sarebbe molto difficile da evitare.

Ai porti si verificherebbero le situazioni più paradossali con camion carichi di merci bloccati in file lunghissime per via dei controlli alla dogana. E proprio su questo punto vale la pena di soffermarsi perché c'è in gioco la salute dei cittadini britannici. Un articolo pubblicato dal The Guardian ha ha sottolineato il rischio che il governo sospenda i controlli sulle importazioni di prodotti alimentari. La misura straordinaria sarebbe presa per evitare ritardi nella consegna di prodotti facilmente deteriorabili. L'allarme è arrivato dal Food Research Collaboration, un gruppo di ricercatori universitari specializzati in politiche alimentari che nel rapporto Feeding Britain: Food Security after Brexit ha evidenziato il pericoli di un comportamento tanto sprezzante degli standard di sicurezza. L'Unione Europea potrebbe però rispondere bloccando tali esportazioni verso il Regno Unito. Il no deal, inoltre, si farebbe sentire anche a Rotterdam, hub dove transitano molti prodotti inglesi.

Un'uscita senza condizioni, infine, lascerebbe in una zona grigia burocratica i cittadini europei residenti nel Regno Unito e i cittadini britannici residenti in Paesi membri dell'Unione.

Il loro status indefinito li porterebbe ad una condizione di illegalità nello Stato in cui vivono.

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