«Prima di assumere medici stranieri, meglio incentivare quelli italiani». La decisione di diverse Regioni di ricorrere a professionisti extracomunitari pur di riuscire a fornire i servizi di cura negli ospedali, i medici non l’hanno presa bene. La scelta del presidente della Calabria, Roberto Occhiuto di assumere 500 medici cubani tramite una società di servizi locali era suonata come un affronto. Nel frattempo, anche la Puglia stava già pensando di rivolgersi alla vicina Albania, mentre la Sicilia aveva ipotizzato di far ricorso a medici argentini. Del resto, la carenza di operatori sanitari italiani è nota. Secondo le stime di Anaao Assomed, l’associazione dei medici dirigenti, in particolare, al Sud ne servirebbero circa duemila per ogni Regione: in Puglia circa 2mila-2400 medici, in Calabria circa 2150, in Sicilia 2500-2800. Il 70 per cento nelle aree di emergenza, il resto in tutti gli altri reparti.
IL RICORSO
Di medici nostrani disponibili, in realtà, ce ne sarebbero. Se non fosse che gli stipendi non allettanti e il luogo di lavoro, spesso in aree lontane dai centri, ha convinto molti professionisti a disertare i bandi. E così, di fronte alle decisioni delle Regioni, i medici italiani hanno iniziato ad alzare la voce. Mentre la Cimo Fesmed ha fatto ricorso al Tar, l’Omceo di Palermo ha denunciato l’iter di assunzione degli stranieri che rischia di scavalcare «ogni regola ordinaria e straordinaria in tema di assunzioni in sanità». Il punto è che durante l’emergenza Covid, le regioni avevano ottenuto per legge la possibilità di ricorrere a personale medico anche straniero.
LA LETTERA
Per il momento, alla lettera della Fnomceo non ha ancora risposto nessuno. Ma le Regioni sembrano comunque aver cambiato idea, almeno in parte. «In Puglia l’ipotesi è stata paventata ma non si è più concretizzata – spiega il segretario dell’Anaao Assomed Pierino Di Silverio - in Sicilia per il momento il bando è stato bloccato. In Calabria, i medici cubani individuati sono per ora solo 84». Eppure, per evitare di chiudere reparti o non usare macchinari diagnostici per mancanza di medici e infermieri di proposte ne sono sul campo diverse. «Bisognerebbe assegnare ai luoghi dove c’è più carenza di medici ma anche di infermieri, incentivi economici a punteggio - spiega Rocco Bellantone, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma - se vado a fare il primario in un posto dove i medici non vogliono andare, devo avere assegnato un punteggio più alto». Il problema intanto resta, ed è drammatico. «Le Regioni hanno cominciato ad assumere attraverso cooperative – ricorda Di Silverio – questa soluzione costa di meno e il medico arriva a guadagnare di più».