Da modello a Milano a rapinatore, Sylla a capo della banda: «Sono pentito, ma avevo dei debiti». La vita di lusso tra auto e ristoranti

La carriera del 22enne di origine senegalese finita nel carcere di Brescia

Da modello a Milano a rapinatore, Sylla a capo della banda: «Sono pentito, ma avevo dei debiti». La vita di lusso tra auto e ristoranti
Da modello a Milano a rapinatore, Sylla a capo della banda: «Sono pentito, ma avevo dei debiti». La vita di lusso tra auto e ristoranti
Sabato 16 Marzo 2024, 10:15 - Ultimo agg. 15:45
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Solo due mesi fa sfilava in passerella a Milano per Dsquared2, sul suo profilo Instagram sono messi in evidenza due post: uno con le sue misure, l'altro con una foto mentre posa per Giorgio Armani. Una carriera da modello, quella di Sylla Alioune, stroncata dall'accusa di rapina. Stando alle indagini, il 22enne di origini senegalesi, era a capo di una banda fermata nelle scorse ore a Brescia per le rapine a un compro oro in città a inizio gennaio e una gioielleria in pieno centro storico a fine febbraio.

Stando a quanto emerso dalle indagini, la banda, composta da giovanissimi, commetteva le rapine per poter fare poi una vita di lusso tra potenti auto e cene nei migliori ristoranti. Dei tre rapinatori, due si trovano ora in carcere, tra loro il modello, mentre al terzo sono stati concessi i domiciliari con braccialetto elettronico. 

Sylla Alioune ha ammesso le proprie responsabilità nell'interrogatorio di convalida del fermo: «L'ho fatto perché avevo debiti da saldare» ha detto al gip Giulia Costantino.

Il giovane ha poi fatto mettere a verbale di essersi pentito. In entrambi i casi, brandiva una pistola scacciacani e ha anche ammesso di «aver colpito il figlio della titolare della gioielleria». 

«Faccio il modello a Milano», diceva nelle telefonate intercettate dagli investigatori.  Sul suo profilo social, e nella sua abitazione di Mazzano, nel Bresciano, sono state trovate le foto colori e in bianco e nero, mentre indossa le ultime collezioni uomo nei defilé, prova i capi e il portamento nel backstage con tanto di fotografo, si prepara nei camerini professionali di un mondo che conosceva. Origini senegalesi, ha appena 22 anni. E per gli inquirenti sarebbe stato proprio lui, la sera del 23 febbraio scorso, a mettere a segno la rapina violenta alla gioielleria «I gioielli di Rossana» sotto i portici di via X Giornate insieme a un complice albanese di 26 anni (l’unico incensurato). In cella sono finiti in tre: c’è anche un 27enne di origini marocchine nato in Italia, anche lui di casa a Mazzano. Due i colpi che vengono loro contestati: quello in gioielleria e al compro oro «Oro in euro» del 10 gennaio scorso, in via Orzinuovi, sempre in città. Tutti e tre avevano un alto tenore di vita, dalle auto ai ristoranti di lusso. 

Oltre ai tre fermati ci sono altri sette indagati. Tra loro la donna, indagata per concorso in rapina. La complice, secondo le ricostruzioni, si fingeva cliente, entrava in negozio e così apriva la strada ai rapinatori.  Gli altri sei sono indagati per ricettazione.

Le  forze dell'ordine durante le perquisizioni nella case degli indagati,  tutti residenti nel bresciano, hanno recuperato parte della refurtiva: orologi e gioielli.

Le rapine avevano creato allarme tra i negozianti. La titolare della gioielleria Renata Dini aveva incontrato il questore. Dopo gli arresti, ha raccontato, ha ritrovato la serenità.

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