Fu poi la direzione regionale a mettere concretamente il vincolo a oggetti, quadri, foto e ricordi dell'appartamento di via D'Azeglio, ritenendolo un pezzo di storia del Paese. Ma la mossa fu vissuta dagli eredi dell'artista come una sorta di 'affrontò e di mancanza di fiducia nei loro confronti: prima fecero ricorso al Tar, che rigettò, ora al Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso, ritenendo il vincolo generico e illegittimo e sostenendo che gli arredi non si possono considerare una collezione.
I cugini di Dalla, che ereditarono il patrimonio, hanno dato vita a una fondazione per valorizzarlo, tra l'altro organizzando nella casa visite guidate.
L'effetto della decisione del Consiglio di Stato è che i beni potrebbero, in teoria, essere spostati o venduti, ma ancora non è chiaro cosa succederà, né finora è stata manifestata l'intenzione di cambiare la sorte di un luogo diventato simbolico per Bologna.