La truffa corre online con le cryptovalute: 50mila italiani raggirati, svaniti 2 miliardi

La truffa corre online con le cryptovalute: 50mila italiani raggirati, svaniti 2 miliardi
di Francesco Pacifico
Lunedì 21 Gennaio 2019, 09:59 - Ultimo agg. 18:07
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In teoria i social network si sono dati regole ferree per non pubblicare annunci illusori di guadagni facili facendo trading in borsa, con l'oro o con il bitcoin. La legge poi prevede che la Consob, la commissione che vigila sui mercati finanziari, possa bloccare i banner e i post che rilanciano siti di operatori non autorizzati. Per non parlare dell'Antitrust, che deve intervenire contro ogni forma di pubblicità ingannevole. In pratica circa 50mila italiani ogni anno - ma è una stima presunta perché non tutti denunciano il torto subito - vengono truffati investendo i loro soldi attraverso fantomatiche finanziarie, per poi perdere tutto. E seppure provano a rivolgersi alla magistratura, questa ha le mani legate perché tali società e i loro server sono ospitati in paradisi fiscali (le isole Marshall, le Cayman, Virgin Island...) dove ogni rogatoria viene respinta come lo spam nella casella mail. Sempre in pratica, si prova a contrastare il fenomeno ex post, cioè quando il raggiro è compiuto e il nostro denaro si è perso nei meandri del web.

Per cadere nella rete basta poco: cliccare per caso su un banner pubblicitario o su un post di un social e - una volta attirati dalla possibilità di fare soldi facili - fornire il proprio indirizzo mail o il cellulare (sarete tempestati di telefonate fino a quando non vi avranno spillato i vostri euro) oppure aprire un conto per iniziare a operare usando la propria carta di credito. La lista delle truffe, poi, è smisurata: acquisto di bitcoin con rendimenti esponenziali, possibilità di comprare oro a un terzo del prezzo di listino, giocare con le monete dei Paesi in via di sviluppo o con i titoli tecnologici di colossi high tech.
 
Quando va bene, finiamo per sottoscrivere rischiosissime operazioni binarie (cioè giocando sullo spread tra due asset) o sul Forex oppure a comprare cryptomonete in emissione ma a quotazioni gonfiate. Il tutto condito da promesse di profitti mirabolanti ma inesistenti, informazioni false (è quasi una bestemmia dire che il bitcoin ha perso il 70 per cento del suo valore in un anno), finti video di personaggi famosi che magnificano questi tipi di investimenti e finte storie con finte foto di poveracci che giocando su internet come Gordon Gekko e sono passati in un battito di ciglia dalla più profonda indigenza a una vita di agi e lussi. Queste truffe valgono soltanto in Italia tra i due e i tre miliardi di euro all'anno. Franco Roberti, già a capo della direzione Antimafia e oggi assessore alla Sicurezza della giunta regionale campana, ricorda che «tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 un'inchiesta della Dia scoprì che dietro queste finanziarie c'erano anche i nostri clan, soprattutto quelli siciliani e calabresi. Ci rendemmo conto anche che in Italia la massima concentrazione di bitcoin mobilitati era nei quartieri di Napoli a maggiore densità camorristica, mobilitati da soggetti vicini o contigui a gruppi camorristici».

Non meno ambigua è, nei fatti, la filiera che dovrebbe contrastare il fenomeno: iniziando dai principali veicoli, cioè i social. A ben guardare le loro regole sono molto restrittive. Facebook e Instagram, soltanto per citare i principali, analizzano i contenuti e la landing page (la pagina di destinazione) di ogni post pubblicitario e «chi trasgredisce ripetutamente a questa policy potrà vedere il proprio account disabilitato». Maggiori paletti poi sono stati posti per il trading di bitcoin: chi vuole veicolare la propria attività deve presentare i prospetti informativi sulle offerte e tutte le licenze del caso. Eppure questa muraglia non è sufficiente a filtrare tutte le truffe. Anche perché, ammettono da Facebook, «non riusciamo a controllare tutto. Però quando riscontriamo abusi interveniamo anche senza segnalazioni entro 24 ore».

In nome della difesa del risparmio, il legislatore ha dato alla Consob il potere di contrastare anche le truffe finanziarie online: di più l'autorità può ordinare la cessazione delle attività pubblicitarie. Ma l'ufficio ha le armi spuntate: quest'anno sono stati circa 500 gli interventi sanzionatori a seguito di denunce dei risparmiatori, ai quali seguono richieste ai provider e ai social di eliminare i banner e i post incriminati e denunce alla magistratura.

S'interviene per lo più ex post, dopo un esposto, perché, spiegano da Piazza Verdi, è impossibile visti i mezzi a disposizione fare un monitoraggio preventivo. Stando al testo unico della finanza, gli uffici possono intervenire soltanto sulle finanziarie che veicolano contratti d'investimento di prodotti finanziari (soltanto titoli, obbligazioni e fondi) senza l'autorizzazione necessaria da parte delle autorità di vigilanza dove operano. Quindi è fuori dal loro raggio chi fa trading direttamente sulle commodity o sulle cryptomonete. Non a caso Consob sta spingendo il legislatore per avere nuovi strumenti ispettivi ed esecutivi. Prova a darsi da fare anche l'Antitrust, che è deputata al contrasto della pubblicità ingannevole. Sul sito c'è un prontuario per difendersi dalle truffe ma di fatto finora si è avuta una sola maximulta - da 2,6 milioni di euro alla bulgara OneCoin - contro questa società rea di «vendita piramidale e promozione ingannevole» e cryptomonete «di cui non è stato possibile verificare l'esistenza e la consistenza».
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