Bambini morti nelle auto: colpa della legge mai nata

Bambini morti nelle auto: colpa della legge mai nata
di Maria Pirro
Martedì 22 Maggio 2018, 10:27 - Ultimo agg. 23 Maggio, 08:33
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È arrabbiato, Andrea Albanese. Sono passati quasi cinque anni dal giorno in cui dimenticò suo figlio chiuso in auto, sotto il sole, a Piacenza. «Nulla è cambiato, da allora». Lo stesso incidente è avvenuto venerdì 18 maggio a San Piero a Grado, in provincia di Pisa, ed è stato fatale per una bambina di dieci mesi: come il suo piccolo Luca, imprigionata nel seggiolino della vettura parcheggiata nei pressi dell'ufficio dal papà, per ore convinto di averla accompagnata all'asilo nido. Un tremendo «errore di memoria», nella sua vicenda accertato dalla magistratura. «Sono stato processato per omicidio colposo: sottoposto a perizia psichiatrica, assolto con formula piena», racconta il dirigente d'azienda e padre devoto, sulla soglia dei 40 anni distrutto dal dolore e, da quel momento, impegnato a evitare che la storia si ripeta. Sua la pagina Facebook “Mai più morti come Luca!” con 13mila adesioni. E invece, anche questa «ulteriore tragedia avrebbe potuto essere evitata». Purtroppo, «nessuno interviene».

Albanese ce l'ha con chi «ha sempre sottovalutato il problema. È colpa della politica, di una lentezza esagerata nell'adottare un provvedimento semplice» richiesto da lui assieme ad altri genitori, professionisti, enti no-profit, maestre, semplici cittadini. «La proposta legislativa è all'esame da almeno tre anni», ammette la deputata della nuova e vecchia guardia, Deborah Bergamini. «Gli atti purtroppo non hanno mai visto la luce perché è mancata la volontà politica». Anche l'esponente di Forza Italia sostiene: «Il provvedimento a costo zero avrebbe potuto salvare anche la piccola di Pisa, l'ultima vittima, in ordine temporale. La tecnologia esiste, al legislatore - includo me stessa perché evidentemente non sono riuscita a sensibilizzare abbastanza i colleghi sul tema - e al governo la responsabilità».
 
Cinque righe. Tanto basterebbe per rendere legge e obbligatorio su tutti i seggiolini in auto «un dispositivo di allarme anti-abbandono» ed evitare che un genitore, uscito dall'abitacolo, possa non accorgersi che il bebè è rimasto all'interno. Ma l'emendamento all'articolo 172 del codice della strada, così formulato e approvato il 26 luglio 2017 in commissione trasporti alla Camera (e anche al centro di un altro disegno depositato al Senato), non è mai arrivato in Aula: giudicato inammissibile negli atti di bilancio e ormai fuori tempo massimo per passare al vaglio come autonomo disegno, nonostante l'unanime consenso e la mobilitazione popolare.

Una petizione sul sito change.org conta, ad esempio, oltre 65mila adesioni: è rivolta al ministro delle infrastrutture e trasporti (indirizzata prima A Maurizio Lupi, poi a Graziano Delrio) e promossa da Maria Ghirardelli, medico al lavoro nella rete dell'emergenza e madre di tre bambini. «Turbata proprio da quanto accaduto al piccolo Luca Albanese». Può «capitare in condizioni di forte stress a qualsiasi genitore», ribadisce la dottoressa. «La prova è che si registrano numerosi casi identici».

In Italia se ne contano nove in venti anni: Andrea, due anni, deceduto nel 1998 a Catania. Poi, la sequenza diventa ravvicinata. Quasi uno all'anno: Maria a Merate (2008), Elena a Teramo e Jacopo in provincia di Perugia (nel 2011). Ma i pericoli sventati sono di più. Interviene Albanese: «Mi scrivono tanti per dire che è capitato anche a loro».

In particolare, «i genitori di Gaia Onida hanno dimostrato una forza incredibile nel luglio 2016, fondato una associazione e realizzato, a loro spese, un progetto pilota, di intesa con il Comune di Rosignano Marittimo, per proteggere gli altri bambini». Da dicembre una sperimentazione è in corso in due asili nido, il Mammolo e il Mio Nido, entrambi gestiti dalla cooperativa Contestoinfanzia, presieduta da Ernestina Tirinato, che ricorda con commozione «il dramma vissuto da tutto il paese» e spiega come funziona il controllo informatizzato attivato a distanza. «Tutti i genitori hanno un badge per segnalare l'ingresso del bebè: quando non si presentano e non comunicano l'assenza in istituto, entro un'ora, alle 10, viene inviato in automatico un messaggio». E altre famiglie si attrezzano con il fai-da-te: tramite un chip sulla tutina collegato allo smartphone, ma ci sono diverse app e nuovi modelli di seggiolini che promettono più sofisticate funzioni. «Non bastano, però», sostiene Albanese.

«Solo l'idea di dimenticare il figlio in auto è ancora un tabù per tanti, troppi genitori, i quali considerano l'ipotesi inammissibile, quindi scartano a priori tutte le forme di protezione e la legge resta necessaria». Inoltre, nell'attesa del dispositivo più volte annunciato, le case automobilistiche non producono questo tipo di optional: «Perché i sistemi potrebbero diventare vecchi il giorno dopo l'installazione e, senza le indicazioni tecnickhe da parte del ministero dei trasporti, nessuna azienda potrebbe omologarli. Di qui la prudenza imposta sul mercato», sostiene Antonio Coppola, responsabile dell'Aci a Napoli, che sollecita una «riforma organica» del codice della strada. «Contiene 240 articoli, più il regolamento con 408 punti: davvero troppi», dice. Non solo: «Oggi si può circolare in tutti i paesi dell'Unione europea, ma ognuno conserva la propria legislazione nazionale. Le regole, dunque, sono difficili innanzitutto da conoscere; mentre altre mancano».

In particolare, Coppola si riferisce alla stretta sull'uso del telefonino alla guida, ai sistemi relativi agli autovelox e al giro di vite atteso contro i parcheggiatori abusivi. Bergamini aggiunge di aver già presentato un'altra proposta di legge sui seggiolini e i bambini morti nelle auto, «nel timore che altri casi possano aggiungersi a questi». Il 30 maggio il dibattito riparte con una conferenza a Montecitorio. E la speranza è che sia la volta buona. «Una proposta di legge regionale rimane sulla carta anche in Consiglio regionale nel Lazio», rammenta Ghirardelli, mostrando un dossier redatto da Francesca Cornelli che raggruppa «non solo le vicende di casa nostra, ma oltre 500 casi censiti» in diversi Stati. Una strage silenziosa. Di innocenti.

 

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