Fabio Capello: «La mia San Lorenzo una culla di artisti ora covo di pusher»

Fabio Capello
Fabio Capello
di Lorenzo De Cicco
Sabato 17 Novembre 2018, 00:16 - Ultimo agg. 08:17
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«Che tristezza venire oggi a Roma, me la ricordo alla fine degli anni ‘60, da calciatore. Splendida, la sera si correva in macchina fino al Campidoglio, poi passeggiavamo ai Fori romani, uno spettacolo. Quando ci sono tornato da allenatore, dal ‘99 al 2004, già si intravedevano i sintomi di quello che sarebbe successo poi...».

Pallone a parte, Fabio Capello, considerato che con lei in panchina, nel 2001, la Roma ha messo in bacheca il suo ultimo scudetto...
«Certo, sto parlando della città in generale. In quegli anni, diciamo, Roma aveva l’influenza. Oggi invece è una malata grave, molto grave. Roba che non basta un’aspirina, ma servono flebo, flebo forti...».

E San Lorenzo, come sta? Lei era un habitué del quartiere. Pommidoro, il ristorante di piazza dei Sanniti amato da Pasolini, è tappezzato di foto sue, ai fornelli, a tavola. La tragedia di Desirée ha puntato i riflettori sopra un degrado che i residenti conoscevano bene, da tempo...
«Mi amareggia tornarci, che brutta fine. Era un ritrovo di artisti, nei primi anni 2000. Per cinque anni, quando avevo voglia di uscire, andavo sempre lì, a San Lorenzo. Sempre. E io abitavo a Mostacciano, voglio dire, non erano un paio di chilometri. Ma ne valeva la pena».

Perché?
«Perché c’era una vivacità particolare. Incontravi attori, conduttori della televisione, c’erano pittori, gente del mondo della cultura, gli artisti del Pastificio, di cui sono diventato amico. Spesso ci si trovava a tavola da Pommidoro e poi, dopo cena, si andava in giro. Era il quartiere giusto dove andare».

E oggi?
«Oggi ha perso tutto il suo fascino, lo dico con amarezza ma è così. Era bello andarci, ora non più. È tutto in balìa del disordine, della sporcizia. Il degrado, gli spacciatori in ogni angolo. Posti come questo dovrebbero essere curati come si deve, dovrebbe esserci manutenzione, un senso di sicurezza, invece è il contrario».
Sembra dirlo con rassegnazione, anche per quanto riguarda Roma, più in generale. Che fase vive la Capitale?
«Ma no, non è rassegnazione. Ho avuto la fortuna di viaggiare, di vivere in tanti posti, Roma è la città più bella del mondo, ma oggi si vede la differenza con le altre grandi capitali. Sarebbe un suicidio continuare così, non si può accettare».

È una critica a chi la amministra? Alla sindaca Raggi?
«Mi piace parlare di quello che vedo. Le ultime volte in cui sono stato a Roma, l’ho trovata trascurata in maniera pazzesca. Una malata grave, come dicevo».

E non dipende anche da chi è chiamato a governarla?
«Questo dovrebbero dirlo i romani. Io vivendo a Milano, posso dire che è quella una città che è stata completamente trasformata dall’Expo, ha cambiato volto. E per questo sono convinto che le olimpiadi del 2024 avrebbero potuto dare una spinta al miglioramento di Roma, nel senso delle strade, dei trasporti. Chi viene a Milano oggi vede una grande voglia di fare, di essere una città di alto livello nel contesto europeo. A Roma non è più così, ma si può risollevare. Anzi, si deve». 
 
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