Non è mai stata, storicamente, una forte fonte di attrattività al Sud. Mentalità e tradizione consolidate assegnano da sempre al Settentrione la maggiore rappresentatività della cooperazione in Italia (è lì che si produce il 66% del fatturato totale) anche se poi verrebbe in parte da pensare al contrario considerate, ad esempio, le ottime performance delle Banche di credito cooperativo meridionali, a partire proprio dalla Campania che ne conta ben 12. Ma il punto non è questo: è che proprio in Campania non tira tra i giovani e tra le donne. E così, pur potendo contare su 11mila occupati, secondo i dati forniti ieri da Confcooperative Campania, e su una presenza pressoché in tutti i settori produttivi, con punte significative nelle filiere agricola e della salute, il calo dell’8 per cento nella nascita di cooperative giovanili balza subito all’occhio.
Che i giovani meridionali non trovano questa forma di aggregazione sociale e lavorativa particolarmente stimolante, lo abbiamo detto, è un dato di fatto. Basta considerare che il numero delle cooperative nate per sfruttare l’opportunità di “Resto al Sud”, l’incentivo pubblico che aiuta la crescita imprenditoriale dei giovani del Mezzogiorno (ma ormai anche gli under 50) è decisamente minoritario rispetto al totale.