Visone, tra mondanità e stile: una sfilata ricordo per i 30 anni di attività

Visone, tra mondanità e stile: una sfilata ricordo per i 30 anni di attività
di Santa Di Salvo
Sabato 1 Luglio 2017, 08:40 - Ultimo agg. 08:42
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Il grande pannello che accoglie i visitatori nell’atelier di via dei Mille riunisce, riconoscibilissime, molte donne della sua vita. Fiona Swarowski, Sabrina Ferilli, Milly Carlucci, Alba Parietti, Veronica Maya, Mara Venier, Claudia Gerini, Barbara D’Urso, Cristina Donadio. C’è anche Gertrude, dolcissima fox terrier compagna di giochi. Tante le clienti-amiche napoletane che sono «la mia forza, la mia energia, il mio calore, la mia ispirazione». Le donne al centro di tutto. Le donne pensanti. Le donne che non devono chiedere mai. Le donne sono il primo motore di Alessio Visone, creativo di talento che sa amarle con la passione esclusiva dell’amor platonico e le definisce con affetto «le mie socie creative occulte«. L’ultimo colpo di fulmine è quello per LP, la cantante italo-americana tutta fischi e riccioli, ospite anche a Sanremo. «Una Joan Baez prima maniera, un essere assolutamente diverso, metà gringo e metà elfo dei boschi. Le ho dedicato la mia nuova collezione gipsy-western».

Quasi incredibile il percorso di questo ex ragazzo di periferia, nato da una famiglia bene di Quarto e subito decollato fino alla vetta dell’haute couture, prima come fascinosissimo modello poi come couturier, quando ancora ci si vergognava a confessare al padre la propria “diversità”. Per fortuna, sono i primi anni Ottanta, papà è di sinistra e non fa una piega se Alessio interrompe gli studi di Medicina per iscriversi a un corso di taglio e cucito. Ma è mamma l’ombelico del mondo, il suo profumo di Chanel, il fruscìo seducente dei suoi abiti, primo sintomo della malattia della moda che prende casa dentro di lui. “«l suo completo di lurex bluette mi è rimasto nell’anima. Ogni volta che realizzo un abito cerco di far sentire a chi lo indossa la stessa gioia, lo stesso fascino che avvolgeva mia madre quando mi portava con sé a scegliere le stoffe a La Tienda o da Prada». 
 


Alessio Visone, grande visionario della moda partenopea, si definisce con elegante understatement un “sarto-figurinista”, stesso talento creativo dai tempi del negozio di Quarto fino all’atelier di via Mariano d’Ayala e dal 2012 agli ambienti sofisticati della maison di via dei Mille 1. Trentadue anni di attività. Il trentennale è stato festeggiato con tutti gli onori nella sfilata sulle scalinate di Chiaia belle come quelle di Trinità dei Monti, in un tripudio di fiori e fashion, i disegni di Sergio Fermariello, la passerella divisa per tonalità cromatiche e il party finale indimenticabile, come tutti quelli che Visone organizza (perché fa anche questo, per divertirsi). I luoghi-simbolo della città ormai li ha percorsi tutti per presentare le sue collezioni, sempre in contesti storici legati all’arte: il liberty della Stazione di Mergellina, l’architettura fascista della Mostra d’Oltremare, l’archeologia industriale di Pietrarsa, la Belle Epoque del Grand Hotel Excelsior, i vecchi magazzini del caffè nel Porto. Raccontare la sua azienda è facile. Non ci sono grandi numeri. Due collezioni l’anno, un total look di circa 45 abiti a stagione che sono solo un’idea di ciò che si confezionerà poi a misura delle scelte della singola cliente. Un pugno di sarte-artigiane che lavorano nell’atelier da una vita, un piccolo team stilistico tenacemente legato alla nostra città e uno zoccolo duro di signore napoletane e no, spesso famose, complici e sorelle, che si sono moltiplicate di anno in anno con il passaparola. Fra le tante, Fiona Swarowski è forse la più cara. «È la mia musa, il mio amore non consumato. Forse anche perché è legata a Capri, il luogo dell’anima che mi ha aperto le porte della vera eleganza». L’isola, negli anni Ottanta, era ancora l’epicentro del lusso e del bien vivre. «A Capri ho imparato a vivere, da Capri sono partito per esplorare il mondo». L’altra donna della sua vita è stata Antonella Di Pietro, già direttrice creativa di Karl Lagerfeld, oggi di Tommy Hilfiger. «Antonella è l’amica consigliera, la mia stylist, una indispensabile finestra sull’universo globale della moda».

Dai wedding dress per le ricche e famose alle esperienze teatrali per Enzo Moscato e Valeria Parrella, dalle divise del Quisisana alle consulenze da art director per il Regina Isabella di Lacco Ameno, Alessio Visone ha continuato a esprimere negli anni una creatività poliedrica, ricca di emozioni e di echi culturali. Da una bella ricerca su Kiki di Montparnasse è nata una collezione anticonformista ricca di charme, ispirata alla modella francese amante e musa di Man Ray, nota al grande pubblico per il suo nudo ritratto come un violoncello. Da tempo Visone sta lavorando a un progetto su un’altra affascinante protagonista di un’epoca storica irripetibile: Franca Florio, la bellissima aristocratica siciliana ritratta da Boldini nello “scandaloso” ritratto ripudiato dal marito Ignazio, che proprio in questi giorni è visibile nella mostra del Vittoriano. Attraversata da stimoli e passioni così diverse, la griffe Alessio Visone resta comunque legata ad alcuni must creativi che negli anni sono diventati un’icona della maison. «Il primo? Una tunica passepartout che disegnai per Alessandra Calise, un poncho plissè con scollo omerale su pantaloni a zampa d’elefante. Ripetibile in molte versioni diverse. Un altro? La camicia da smoking con gli spacchi. La si può portare con gonne, pantaloni, o assoluta. L’importante è creare forme basic che si replicano e si adattano a donne molto diverse». E lo smoking, perchè no? Firmato Visone, anche in versione nude look, è stato uno dei primi ad apparire sulle passerelle. «Ma oggi lo hanno replicato in troppi. Guardando Sanremo ne ho avuto quasi nausea, parevano degli scafandri addosso a Paola Turci e Fiorella Mannoia». 

Che ruolo ha giocato Napoli in questi trenta e più anni di passione sartoriale? «Napoli ha avuto un’importanza centrale nella mia vita.
Ma sono sincero. Se sono rimasto qui non è solo per attrazione fatale. Probabilmente, non è arrivata neanche l’occasione giusta per una scelta diversa».

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