Monetti, il fascino dell’eleganza: festa per i 130 anni di attività

Monetti, il fascino dell’eleganza: festa per i 130 anni di attività
di Santa Di Salvo
Venerdì 16 Giugno 2017, 09:16 - Ultimo agg. 09:32
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Piacerà molto a Steven Tyler degli Aerosmith la nuova collezione estiva Eddy Monetti, in esposizione a Milano nello showroom di San Babila. Protagonista il suo colore preferito, il total white, modelli pensati per un uomo «stanco del formale», impeccabile anche sul lavoro con un apparente abbigliamento da tempo libero. «Mi chiamò a tarda sera al Principe e Savoia - racconta Sally Monetti – Aveva visto i nostri lini bianchi, cappello compreso, nelle vetrine dell’hotel e se n’era innamorato a prima vista». Insomma, anche «un tipo molto rock», come lo definisce Sally, può essere elegante.

Anzi, lo stile Monetti si declina proprio nelle forme di un’eleganza rilassata. Per le giacche sportive e le nuove sahariane a edizione limitata la maison ha adottato un laborioso trattamento per conferire morbidezza estrema e appretto impeccabile ai capi, che vengono più volte lavati in acqua tiepida e poi strofinati con pietre particolari prima della stiratura a mano. Cuciture in punta d’ago, blouson di pelle con uno spessore di pochi millimetri, microfibre antivento e anticaldo, cravatte “senz’anima”. La napoletanissima Eddy Monetti, azienda interamente familiare che quest’anno festeggia i 130 anni di attività, interpreta al meglio quella leggerezza, quella soavità tipica del gentleman partenopeo.

A incarnarlo è stato per molti decenni lo stesso Eddy, papà di Sally e ideatore della griffe, indimenticato protagonista di quella mondanità internazionale che allora si chiamava jet-set. Eddy, che è stato molte cose, anche giornalista e scrittore e autore di canzoni napoletane, poteva raccontare di Audrey Hepburn che andava a trovarlo nel negozio di via Condotti dopo aver fatto la spesa al mercatino.
«Nei suoi occhi abitava un mondo che profumava di pulito”, racconta nel suo libro di aforismi ”Campionario per tutte le stagioni».

E altri occhi indimenticabili aveva incrociato, quelli di Liz Taylor dal colore della “viola ‘nfosa”, quando l’accompagnò a Capri con la sua barca, per sfuggire ai paparazzi. L’altra metà del mondo l’ha incontrata Sally (Salvatore come il nonno), che ha preso saldamente in mano il comando della maison assieme alla sorella Assia che cura la linea donna, mentre già si prepara la quinta generazione (Roberta e Domenico figli di Assia, Iolanda e Eduardo figli di Sally).

 


Oggi i due showroom internazionalmente più conosciuti sono quelli di Milano e Roma, quest’ultimo definito dal New York Times «il negozio più particolare della capitale». Una volta, tanti anni fa, dal lontano 1887, era il civico 50 di via Toledo il vero crocevia dell’eleganza all’inglese. Qui Eduardo Monetti aveva aperto la sua bottega di cappelli, qui arrivò Enrico Caruso e fu subito moda, perchè il famoso tenore era anche un noto elegantone. Tradizione (musicale) rispettata fino ad oggi, con uno dei clienti più affezionati, Placido Domingo. Eddy il nipote rivendicherà poi a suo onore di essere nato in piazza Mercato, ma certamente l’azienda familiare aveva già conquistato grandi consensi e sarà proprio Eddy a istituzionalizzare la griffe e a dare una svolta sartoriale all’attività di famiglia.

«Tutti i grandi nomi dell’italian style hanno imparato qualcosa da lui. Non lo dico io, me lo ha detto Santo Versace». E con i colleghi napoletani c’è stato sempre uno scambio proficuo: «Papà perdeva ore a cercare di migliorare il prodotto, a inventare abbinamenti, a definire nuove linee. Da lui ho imparato tutto, e tra l’altro l’importanza dell’armonia familiare, il rispetto dei ruoli, il riconoscimento dei meriti e la franchezza della critica». Oggi Sally mantiene lo stesso profilo artigianale lavorando con piccoli laboratori nel Napoletano per sartoria e camiceria, mentre maglie giubbotti e giacconi sportivi vengono affidati a laboratori del Nord. Monetti vuol dire soprattutto moda maschile, ma la nuova generazione sta lavorando anche a un progetto donna, con una collezione tutta fatta in casa.

«Abbiamo una clientela trasversale, diversificata in tutto il mondo – dice Sally – Dal professionista milanese al principe saudita, passando per il giovane universitario che vuole l’abito per la laurea».
Quanto costa un abito Monetti?
«Dai 1200 ai 40 mila euro per una vicuna, in un anno ne abbiamo confezionati 7/8». A permetterselo sono in tanti. Tra i clienti-amici di Sally c’è Johann Rupert («uno degli uomini più eleganti che ho incontrato»), il Re Mida del lusso, che nel portafoglio della sua società ha marchi come Cartier e Montblanc, e che qualche anno fa ha affidato proprio a Sally la direzione artistica della Dunhill. Nella boutique romana sono di casa Sylvester Stallone, Pippo Baudo, Christian De Sica e di recente Greg Unis, amministratore delegato di Victoria’s Secret.

A Milano invece stanno preparando proprio in questi giorni una mirabolante giacca rossa per Renzo Arbore.
«Uno che è nato elegante proprio nella sua eccentricità. Questione di stile. Puoi star bene in jeans e pullover e stare malissimo in smoking». Uno degli uomini più eleganti che le è capitato di incontrare? «A parte mio padre, Giorgio Falck. Grande classe. Un uomo veramente impeccabile. E Juan Carlos di Spagna. Re non per caso». Inspiegabilmente, lei dice di vestire più volentieri gli uomini milanesi che quelli napoletani. Come mai? «Semplice. I milanesi si fanno consigliare, i napoletani no. Ma in fondo è un complimento. Noi abbiamo gusti precisi, siamo circondati da sarti e camiciai fin dalla nascita. Sappiamo quello che vogliamo e spesso abbiamo ragione. È difficilissimo far cambiare idea a un napoletano».

Quasi milanese d’adozione, Sally torna spesso a Napoli per lavoro e dice di apprezzare il nuovo clima di rinascita turistica della città:
«Ma vorrei che fosse supportata da una crescita di contenuti e di offerta culturale». Lui la sua piccola parte la fa, con il pianoforte sistemato nel negozio di via dei Mille. Come papà Eddy, anche Sally compone e ha partecipato a due festival di Sanremo (nel ’97, con Anna Oxa, è arrivato al secondo posto con “Storie”). Se c’è lui, tra una prova e l’altra, chiedetegli di suonarvi una delle sue belle canzoni.

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