Elezioni, la carica degli esclusi: «Ma non lasciamo la politica»

Elezioni, la carica degli esclusi: «Ma non lasciamo la politica»
di Carlo Porcaro
Venerdì 2 Febbraio 2018, 10:45
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Chi aveva una professione, tornerà ad esercitarla. Chi viveva di politica, dovrà farla fuori dai palazzi se ci tiene a offrire un contributo alla vita pubblica. È nutrito il gruppo di parlamentari campani esclusi, non ricandidati per scelta altrui. Da lunedì sera, giorno di presentazione delle liste per il 4 marzo, che cosa stanno facendo? A sinistra, il dem Marco Di Lello, abbandonato al suo destino dal suo capocorrente Andrea Orlando, ha annunciato l'addio alla politica con contestuale ritorno al mestiere di avvocato; il medico di Aversa Lucio Romano, impossibilitato a riprovarci dopo l'esperienza con Scelta Civica sempre per mancanza di appoggi interni al Pd, si dedicherà al volontariato sociale; Leonardo Impegno ha rifiutato un collegio a rischio, quello di Napoli centro; la giornalista Rosaria Capacchione tornerà al suo lavoro di sempre dall'aspettativa parlamentare; Annamaria Carloni ieri ha inviato ai suoi contatti il bilancio delle sue attività istituzionali a testimoniare l'impegno profuso a suo dire non premiato dal partito (o forse meglio dalla sua corrente che fa capo a Maurizio Martina, che le ha preferito al Senato Antonio Marciano). E ancora Riccardo Villari, senatore uscente, Raffaele Calabrò (che però aveva già lasciato la politica per il mondo accademico), Nello Formisano, che tenta l'avventura a sindaco di Torre del Greco, Salvatore Piccolo, deputato uscente del Pd. Insomma, piano piano - dopo aver smaltito la delusione frutto anche di tradimenti di colleghi - riprenderanno la loro vita normale, senza tesserino parlamentare.
 
A destra, non sono bastati i libri contro Napolitano e Fini vergati da Amedeo Laboccetta, che i vertici locali di Forza Italia non hanno considerato sin dall'inizio della composizione delle liste; stessa sorte è toccata all'ex sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, noto alle cronache nazionali per essere il titolare del simbolo Pdl poi ceduto a Berlusconi, è stato snobbato da Forza Italia in cui era rientrato dopo il passaggio in Ala con Verdini. Non a caso si è schierato con Nunzia De Girolamo denunciando «un vero e proprio smacco ai tanti amministratori locali, dirigenti di partito e simpatizzanti, che quotidianamente lavorano sui territori nel nome di Forza Italia e del presidente Berlusconi: mi sembra evidente che il coordinatore regionale di Forza Italia Domenico De Siano debba lasciare il suo incarico di partito».

Avrebbe voluto ritornare nei Palazzi romani anche Pietro Langella, che evidentemente ha pagato la militanza con i verdiniani, responsabili per far nascere i governi di larghe intese ma traditori agli occhi del Cavaliere. «In questi cinque anni ho prodotto interrogazioni, emendamenti, discorsi in aula, denunce e ho contribuito, essendo stato vicepresidente della commissione Bilancio, allo stanziamento di molti fondi per lo sviluppo sociale economico e turistico del nostro territorio», ha ricordato sottolineando con orgoglio che «siamo stati sempre corretti e chiedevamo la stessa coerenza da parte di un partito, di un Governo a cui abbiamo sempre teso una mano senza chiedere in cambio poltrone e incarichi politici poiché quello che ci importava era il bene comune». Infatti «quando mi è stato proposto di tradire il mio gruppo e i miei valori in cambio di un ruolo, ho detto no. Purtroppo la politica sta cambiando e non saranno queste delusioni a fermarmi: non ho intenzione di tirare i remi in barca anzi, mi adopererò affinché possa essere sempre portavoce dei vostri valori, iniziative e problematiche: la politica - ha concluso su Facebook - non si fa solo dentro i palazzi ma soprattutto tra la gente e con la gente».
 
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