Tagli ai fondi, appello Purchia: «Fiola sbaglia, venga a scoprire il San Carlo»

Tagli ai fondi, appello Purchia: «Fiola sbaglia, venga a scoprire il San Carlo»
di Donatella Longobardi
Lunedì 31 Dicembre 2018, 09:00 - Ultimo agg. 11:50
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«Venga al San Carlo, venga a conoscere il teatro, le nostre porte sono aperte». La sovrintendente Rosanna Purchia risponde così al presidente della Camera di Commercio Ciro Fiola che ha annunciato dalle colonne del nostro giornale di voler tagliare il contributo al teatro. Fondi già nel bilancio preventivo 2019 grazie a una delibera firmata dal commissario Petrone per poco più di un milione di euro.

E allora, sovrintendente, cosa succede?
«Beh, dovranno ritirare la delibera inserita nel 2019. Ma io mi auguro che le cose vadano diversamente».

Ovvero?
«Forse il presidente è stato informato male, forse conosce poco il San Carlo. Noi siamo l'azienda culturale più importante del Mezzogiorno, venga a conoscerci, altro che fondi a pioggia, quelli non li vogliamo, noi i soldi li guadagniamo e mostriamo come li spendiamo».

Fiola parlava della esigenza di rivedere lo statuto, lei cosa ne pensa?
«Lo statuto di una Fondazione come la nostra nasce da lontano. Oggi per diventare soci fondatori bisogna garantire il 15 per cento della quota Fus, il Fondo unico per lo Spettacolo. Parliamo di 12-13 milioni l'anno, quindi cifre importanti in una realtà difficile dove però, grazie all'Art Bonus, molti imprenditori iniziano a investire con successo nel brand San Carlo».
 
Ma da quanti anni la Camera di Commercio sostiene il teatro?
«Era il 2010, credo, quando il presidente Maurizio Maddaloni entrò in consiglio. È stato per anni il nostro vicepresidente. Quindi la Camera di Commercio partecipava attivamente a tutte le scelte della governance».

E poi?
«Poi l'ente camerale è stato commissariato, Petrone con molto garbo non ci ha fatto mai mancare il sostegno, ma non è voluto entrare in consiglio per rispettare la sua funzione. Con Fiola abbiamo avuto un incontro mancato - da me - a causa di un impegno sindacale. Ma lo aspetto in teatro per mostrargli cosa siamo».

Lei parlava della più grande azienda culturale del Sud.
«E lo confermo. Abbiamo ogni anno centinaia di alzate di sipario, dai concerti all'opera al balletto. Sul nostro podio si alternano signori che si chiamano Riccardo Muti e Zubin Mehta, senza dire del valore da tutti riconosciuto del nostro direttore musicale, Valcuha. Muti ha inaugurato la stagione con il mozartiano Così Fan Tutte alla guida di orchestra e coro di casa, un successo internazionale che speriamo di bissare presto con il maestro. Aveva annunciato il ritorno nel 2020, forse riusciamo a trovare spazio nel suo carnet anche nel 2019, Muti quando promette promette... In questi giorni c'è in scena il classico Schiaccianoci natalizio, spesso con due repliche quotidiane e sempre sold out».

Il balletto resta uno dei fiori all'occhiello del teatro?
«E come non potrebbe! Anzi, aspettiamo con ansia il progetto varato da de Magistris come sindaco della Città Metropolitana con il quale si garantiranno fondi per tre anni in sostegno della danza. Con il balletto siamo stati quest'anno a Pechino e a Buenos Aires, l'anno prossimo siamo in stagione al Comunale di Bologna. E parliamo di balletti con il nostro corpo di ballo, non di star ospiti».

A proposito di balletto, c'è sempre comunque il problema dei precari.
«È lo spettacolo dal vivo che per sua natura si regge sul lavoro dei precari e degli aggiunti. Dove ci sono i migliori, dove ci sono i talenti, si va avanti. È una legge dura, ma è così. Abbiamo avuto problemi con il Decreto Dignità ma un importante accordo sindacale, firmato da tutte le sigle, ci ha permesso di effettuare contratti temporanei. Io sono stata la prima in Italia ad applicarlo, dopo sono venute Palermo, Bologna, Firenze e Roma. Ma è lo Stato che da anni non ha mai affrontato questo problema».

E allora cosa serve?
«Una legge che regolamenti la materia, il lavoro artistico non è come mettere i pomodori in scatola. Ognuno ha una sua peculiarità, ci deve essere una legge chiara altrimenti tutte le Fondazioni liriche saranno sommerse da cause e ricorsi».

Come vede il 2019?
«Con la grinta, la tenacia, il rigore e il sacrificio col quale ho affrontato gli anni passati, dieci bilanci in pareggio e tante tante difficoltà superate grazie a un team straordinario. Nel mio Dna c'è il lavoro al Piccolo di Milano, la visione internazionale. Mi piace sognare in grande, vorrei mettere in scena il Ring wagneriano. Posso dire che la prossima tappa del San Carlo all'estero sarà Shanghai. Nel 2020 scade il mio mandato. Certo, si può sempre far meglio. Non mi lego alla poltrona, ma non lascerò che il lavoro fatto vada perduto».
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