Torturata e uccisa poi gettata in una fossa: orrore nel Napoletano | Video-Foto

Torturata e uccisa poi gettata in una fossa: orrore nel Napoletano | Video
di Marco Di Caterino e Mariano Fellico
Martedì 10 Maggio 2016, 08:54
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Melito. Rapita. Torturata e uccisa con tre colpi di pistola. Uno al torace e due alla testa. Nessuna pietà e nessuno scampo, per Giovanna Arrigoli, 41 anni, precedenti per reati relativi allo spaccio di sostante stupefacenti, scomparsa due giorni fa dalla sua abitazione, in quell'inferno di camorra e cemento che è il quartiere 219 di Melito, roccaforte degli scissionisti da sempre, è ritrovata cadavere in una fossa parzialmente coperta da terreno fresco, in via Giulio Cesare, a Melito. Proprio sulla linea di confine comunale con Casandrino. A scoprire quell'orrore, un rigattiere del posto, che cercava rottami di ferro, in uno spiazzo incolto, coperto da altissime erbacce, dietro un complesso edilizio composto da due corpi fabbricato, mai terminato e ora occupato da rom.
 



Un posto orribile, dove tutti si fanno i fatti propri, e anche di più, e per questo davvero ideale per seppellite un corpo e nascondere un delitto. E invece il rigattiere ha preso il cellulare e ha composto il numero 112, segnalando alla centrale operativa dei carabinieri quello che aveva scoperto. In una manciata di minuti sul posto sono giunti i carabinieri della compagnia di Giugliano, diretta dal capitano Antonio De Lise, e i militari del nucleo operativo del comando territoriale di Castello di Cisterna, diretto dal colonnello Rino Coppola, che hanno avviato le indagini ed effettuato i primi rilievi. Intorno a quella sepoltura improvvisata, i carabinieri hanno sequestrato una zappa e un piccone, attrezzi portati sul posto dall'assassino, o anche più di uno, per far sparire per sempre il corpo di Giovanna Arrigoli. La sua sorte per l'assassino era già segnata. E la sua scomparsa, denunciata domenica scorsa dall'amica con la quale la donna uccisa divideva l'appartamento, non era un allontanamento volontario, ma un vero e proprio sequestro di persona. La vittima, che non aveva documenti, e che era vestita con jeans, maglietta e un paio di scarpe sportive, è stata identificata perché nella denuncia di scomparsa, alla voce segni particolari, era stato scritto che Giovanna Arrigoli aveva due tatuaggi, uno disegnato sul braccio e raffigurante il volto di un uomo, e poi una frase particolare tatuata sulla gamba destra.

Un delitto che rimanda nella recente memoria a quello di Vincenzo Amendola, il diciottenne di Ponticelli, ucciso a colpi di pistola e poi sotterrato in un fondo agricolo abbandonato, dai suoi stessi amici, per una relazione sentimentale, proibita dall'osceno codice d'onore della camorra, con la moglie in un boss, attualmente in carcere. Non senza difficoltà, per le pessime condizioni ambientali e per l buio pesto di quella parte di via Giulio Cesare, che a Melito tutti ancora si ostinano a chiamare con il vecchio nome di via Melitiello, i necrofori sono riusciti a recuperare il corpo, che è stato trasportato all'obitorio dell'Istituto di Medicina Legale, del Secondo Policlinico di Napoli, dove al più tardi in trentasei quarantotto ore, dovrebbe essere effettuato l'esame autoptico. Difficili, se non complicate si presentano le indagini, anche se la pista principale seguita dagli investigatori è quella del delitto di camorra, pur non tralasciando ipotesi che riconducono alla sfera della vita privata della vittima. Nelle ore successive alla scoperta del cadavere, i militari hanno cercato di ricostruire le ultime ore di vita della vittima, che seppure non annoverava tra i precedenti penali reati di camorra, nelle informative delle forze dell'ordine era indicata come gravitante nell'orbita degli scissionisti di Melito.

L'ultima volta che Giovanna Arrigoli stata vista viva, è stato nel tardo pomeriggio di sabato sei maggio. Per tutta la notte i carabinieri della compagnia di Giugliano hanno passato al setaccio il quartiere 219 di Melito, eseguendo una decina di perquisizioni nelle abitazioni di alcuni pregiudicati, mentre altri sono stati interrogati in caserma. Solo con l'autopsia sarà possibile determinare l'ora della morte. E questo, per gli inquirenti, potrebbe essere già un buon punto di partenza per stringere il cerchio intorno a chi ha rapito, torturato, interrogato, Giovanna Arrigoli, prima di esploderle contro i colpi a bruciapelo e in faccia, in modo tale che la vittima si rendesse conto di avere ancora solo una manciata di secondi di vita.