Bradisismo, Napoli senza vie di fuga: il piano d'esodo sarà pronto nel 2024

Dopo il flop del bando per aggiornare le mappe, incarico assegnato otto giorni fa a una ditta di Perugia

Il Comune di Napoli ancora senza piano d'esodo
Il Comune di Napoli ancora senza piano d'esodo
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Mercoledì 4 Ottobre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 5 Ottobre, 07:22
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Un piano di emergenza per i Campi Flegrei esiste, è strutturato in più livelli che dipendono da differenti amministrazioni. La Protezione Civile nazionale tiene costantemente aggiornato il progetto di soccorso e di evacuazione che prevede il gemellaggio con altre regioni d’Italia; la Regione monitora il progetto di fuga generale garantendo la localizzazione dei luoghi dove la popolazione dovrà recarsi, il burocratese dice “ammassarsi” dopo aver lasciato le case, in attesa di trasferimenti verso luoghi sicuri; i comuni dovrebbero garantire il piano di emergenza puntuale, localizzato ad ogni piccola area, ad ogni singola strada, a ciascun singolo edificio, e dovrebbero anche essere dotati di un “piano di esodo” che a Napoli, ad esempio, non esiste ancora.

Il piano nazionale di emergenza per i campi Flegrei prevede la suddivisione delle aree ad alto rischio in due zone, la zona rossa dove il pericolo, in caso di eruzione dei Campi Flegrei, è elevatissimo, e la zona gialla dove i rischi sono lievemente inferiori. Nella zona rossa sono compresi interamente i comuni di Pozzuoli, Bacoli e Quarto, parzialmente i comuni di Napoli, Giugliano, Marano. La zona gialla comprende il resto della città di Napoli, che così risulta interamente iscritta nel piano di emergenza, e parzialmente i comuni di Casoria, Melito, Villaricca e Casavatore. Per le aree ricomprese nella zona rossa la protezione civile nazionale ha previsto un piano di accoglienza, in caso di evacuazione, presso altre regioni d’Italia (il dettaglio lo leggete a pagina 4) e una serie di luoghi, identificati assieme all’autorità regionale, nei quali far confluire la popolazione subito dopo il lancio del segnale di allerta che dovrebbe arrivare almeno 72 ore prima della possibile eruzione vulcanica.



Secondo il dettagliato piano previsto dalle autorità nazionali le 72 ore di preavviso alla popolazione, se l’eventuale e mai auspicabile attività vulcanica lo consentisse, dovrebbero essere utilizzate in maniera metodica: le prime 12 ore serviranno per consentire alla popolazione di prepararsi alla fuga e ai Comuni di predisporre le necessarie misure di regolazione del traffico. Le persone sono invitate a preparare bagagli con il solo indispensabile per le successive ore, evitando di portarsi dietro oggetti voluminosi o considerati inutili in caso di catastrofe naturale. La predisposizione del traffico nelle prime 12 ore viene affidata ai singoli comuni nell’ambito del piano locale del quale diremo fra poco e che è ancora piuttosto vago nel Comune di Napoli.

Le successive 48 ore sono destinate all’allontanamento della popolazione che viene ipotizzata come «contemporanea ma cadenzata», secondo un cronoprogramma definito nei piani comunali. Anche in questo caso vale il dettaglio spiegato prima: ci sono lacune proprio in questa porzione del piano a livello di amministrazioni locali. Infine le ultime 12 ore ipotizzate nei tempi di evacuazione in caso di emergenza sono considerate come “cuscinetto” utili a smaltire le eventuali criticità nell’evacuazione della popolazione e, soprattutto, per far allontanare anche il personale della Protezione Civile che sarà impegnato nelle operazioni. 

I cittadini che non avranno la possibilità di spostarsi in autonomia, secondo il piano nazionale, saranno concentrati in aree spaziose dove dovrebbero esserci torpedoni pronti a partire verso le regioni gemellate.

Chi, invece, vorrà muoversi con mezzi propri, dovrà seguire percorsi stabiliti dai piani locali che dovranno condurre ciascun cittadino verso quelle che vengono chiamate “porte”, cioè vie d’uscita dalle zone a rischio che saranno tenute libere proprio per permettere la fuga. Si tratta delle grandi arterie come la Tangenziale o l’autostrada del Sole, ma sono ricomprese anche le strade statali o provinciali per i comuni che non hanno diretto contatto con le grandi vie di fuga. Il piano nazionale è talmente preciso da prevedere anche il disegno dei cartelli da sistemare nelle aree di ammassamento della popolazione in modo da poter provvedere a una stampa della segnaletica in tempo reale. Come avete capito, però, la maggior parte delle incombenze è sulle spalle dei singoli comuni.

 

Se alcuni comuni della zona rossa, come Bacoli e, in parte, Pozzuoli, sono già organizzati per ogni evento, ce ne sono altri, come Napoli, che si trovano in grande ritardo sulla questione.

Il Comune di Napoli ha un piano di emergenza per i campi Flegrei vetusto, realizzato nel 2012 e lievemente aggiornato nel 2014. C’è la necessità di un poderoso aggiornamento, soprattutto sul fronte delle vie di esodo, cioè sui percorsi che i napoletani devono seguire per allontanarsi dalle loro case. Attualmente il piano di esodo del Comune di Napoli non esiste. Per la realizzazione del piano, il Comune ha cercato di mettersi in movimento fin dallo scorso mese di giugno. È stato pubblicato un bando rivolto alle aziende capaci di redigere un documento adeguato alle necessità di Napoli. Alla scadenza del bando, alla fine dello scorso mese di luglio, però, s’è scoperto che non c’erano state offerte. Il Comune aveva proposto un compenso talmente basso che nessuna azienda ha pensato di aderire al bando. 

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Per quasi due mesi dalla sede del municipio hanno finto di non accorgersi che quel piano di esodo, così importante, non era nemmeno partito. Poi con la crescita parossistica degli eventi sismici e, soprattutto, dopo le insistenti sollecitazioni della Protezione Civile nazionale, il Comune s’è risvegliato. 

Otto giorni fa, il 26 di settembre, dagli uffici del Comune di Napoli è partito un invito diretto a una struttura di Perugia, la Sintagma, affinché accettasse di creare il piano di esodo per la città. Lo studio di ingegneria umbro ha accettato di lavorare per l’amministrazione partenopea per una contropartita complessiva di 152mila euro. Avrà due mesi per realizzare una prima bozza del piano di esodo e altri due mesi per rilasciare il piano definitivo. Insomma, se tutto procederà bene, entro febbraio Napoli dovrebbe avere il suo piano di esodo. Sarà, comunque, in gravissimo ritardo. 

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