Rifiuti, le spese folli della Sma: bruciati 200mila euro senza scontrini

Rifiuti, le spese folli della Sma: bruciati 200mila euro senza scontrini
di Leandro Del Gaudio e Fulvio Scarlata
Mercoledì 21 Febbraio 2018, 07:08 - Ultimo agg. 18:54
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Ci hanno provato a mettere a posto le cose, in modo da evitare problemi sul fronte giudiziario. E lo hanno fatto in modo elementare, tanto per eludere i controlli della guardia di Finanza. Insomma, messi alle strette hanno denunciato di aver smarrito scontrini fiscali, dichiarazioni di spesa, acconti e certificati giustificativi. Si sono presentati alla polizia, hanno formalizzato una denuncia, nel corso della quale hanno battuto su un concetto: la scomparsa della contabilità dell'azienda negli ultimi anni, quando per contabilità si intende banalmente l'insieme di scontrini e fatture fiscali che dovrebbero giustificare le spese con la carta di credito aziendale.

Una mossa che ha attirato i riflettori della Procura di Napoli, nel corso di uno dei filoni di indagine che punta dritto alla Sma, l'azienda regionale che dovrebbe occuparsi di emergenza rifiuti (rimozione fanghi, incendi). Proprio nel pieno dell'attenzione mediatica e investigativa sulla Sma, spunta una vicenda che risale ad alcuni mesi fa, in relazione a una inchiesta (ancora aperta) che punta a fare chiarezza sulla gestione delle carte di credito, una sorta di salvadanaio aziendale che qualcuno avrebbe usato in modo quanto meno sbarazzino. Peculato e simulazione di reato, sono le indagini condotte dal pm Sergio Amato, sulla scorta delle verifiche condotte dal nucleo di polizia economico e finanziario, sotto il coordinamento del comandante Giovanni Salerno.

Qual è il punto? Stando al primo screening, i conti non tornano: ci sarebbero state spese non per motivi di servizio per circa duecentomila euro in pochi anni di gestione Sma. È questa l'accusa che viene mossa a carico di quattro indagati, dipendenti ed esponenti del settore amministrativo della società regionale, di recente raggiunti da un avviso di proroga delle indagini. Una cifra che non basterebbe a risolvere una sola delle emergenze in campo ambientale, ma che stride con gli allarmi lanciati in questi mesi.
 
Desta infatti attenzione il recente intervento fatto da Luciano Passariello (giovedì scorso perquisito nel corso dell'inchiesta per corruzione sulla Sma) in qualità di presidente della commissione di inchiesta sulle partecipate (tra cui anche la stessa Sma). È il 26 gennaio scorso, quando in consiglio regionale viene votata una relazione sulle motivazioni per il differimento del termine di cessazione della commissione di inchiesta. In sintesi, un organo che doveva durare sei mesi è in vita da oltre due anni, come definito in un documento votato in aula (con il solo voto contrario dei cinque stelle). Ma cosa emerge dal documento? È chiaro il riferimento economico: la Sma è in sofferenza - si legge - «per mancanza di commesse economiche il progetto Sma si è dovuto ricalibrare a 15 milioni di euro a fronte dei 20 milioni degli anni precedenti, mentre la gestione dei depuratori comporta una spesa mensile di sei milioni di euro, che non rientrano nelle casse della società per le rendicontazioni del 2016 ancora non approvate dalla regione, cosa che non permette di chiudere nemmeno i bilanci».

In sintesi, da un lato c'è chi indaga per le spese ingiustificate nella Sma, dall'altro il suo vertice lancia l'allarme per il default, magari in vista di una nuova capitalizzazione da parte della Regione. Finanza in campo, in questi giorni i militari sono andati a bussare alle porte della giunta regionale, c'è un faro investigativo proprio sul funzionamento della commissione regionale sulle partecipate. Ma torniamo alla storia delle carte di credito. Quattro indagati, al momento: si parte dal dipendente Ernesto Tartaglione, per arrivare a Cosimo Silvestro (direttore amministrativo della Sma), poi Raffaele Scognamiglio e Roberto Iavarone, ritenuti responsabili di non aver controllato il flusso di spese. Siamo alle battute iniziali delle indagini, tutti potranno dimostrare la correttezza della propria condotta nel corso del prosieguo delle indagini. Intanto, va avanti il filone principale dell'inchiesta Sma, quella che riguarda gli appalti a trattativa diretta e presunte tangenti. Ieri diffusa la terza puntata dell'inchiesta del giornale on line Fanpage, quella che vede coinvolti Biagio Iacolare, presidente Sma dimissionario, Rory Oliviero, immortalato mentre riceve una valigetta da Nunzio Perrella (nei panni dell'imprenditore senza scrupoli). Piazza dei Martiri, nove febbraio scorso, la promessa di tangente di 50mila euro per ottenere un contratto, secondo uno schema che sembra consolidato, che provoca le dimissioni in tempo reale di Iacolare. Spiega Oliviero, non immaginando di essere ripreso da una telecamera nascosta: «Mi devi dare 25mila euro prima del contratto, 25mila euro dopo; per noi 25mila euro non sono niente, ce li mettiamo sopra il braccio», spiega l'avvocato Oliviero, gesticolando in modo vistoso, mostrando il costoso Rolex al polso. Vicenda che promette sviluppi.

Viene condotta dai pm Ilaria Sasso del Verme e dal collega Amato, sotto il coordinamento dell'aggiunto Giuseppe Borrelli, mentre c'è un altro filone che riguarda la Sma e che punta a fare chiarezza su imprenditori in odore di camorra del Vomero e del Casertano (indagano i pm Ivana Fulco e Henry John Woodcock), che si avvalgono degli uomini della Mobile di Napoli e dello Sco. È in questa storia che è stato «filmato» Roberto De Luca, mentre riceveva nel suo studio Perrella, questa volta nella veste di imprenditore interessato alla gestione delle ecoballe. Ed è in questa vicenda che ieri si è fatto vivo il commercialista di Angri Francesco Igor Colletta, che introduce Perrella nello studio di Roberto De Luca e che sembra chiudere una presunta tangente del 15 per cento sulle ecoballe. Spiega Colletta: «L'incontro con De Luca mi è stato sollecitato dall'ingegnere Giancarlo Adami, emergerà in modo chiaro che il mio intervento era finalizzato ad offrire le mie competenze professionali a una società che si presentava come una eccellenza; Roberto De Luca veniva interpellato in qualità di libero professionista».

Parole che non spiegano però i riferimenti ai tecnici della Regione Campania registrati nel video finito in Procura.

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