Fenomeno in crescita. Che non risparmia nessuno. Tra le vittime anche professionisti, già i professionisti: parliamo di studi di consulenze, su cui - negli ultimi tempi - si è abbattuto il pressing usuraio. Una realtà che crea allarme, spiegano gli osservatori, con un dato numerico che parla da solo: «Rispetto al 2019, abbiamo registrato un incremento di episodi a sfondo usuraio del trenta per cento».
Parola di Luigi Cuomo, leader di un’associazione che si batte contro racket e usura in tutto il territorio metropolitano. È facile incontrarlo in un’aula di giustizia, dove accudisce imprenditori e vittime che in questi anni hanno denunciato i propri aggressori. Accanto al penalista napoletano Alessandro Motta (legale dell’associazione Sos impresa), Cuomo ha le idee chiare su quanto sta accadendo a Napoli e dintorni: «Non tutti sono riusciti a rialzarsi dopo gli anni di stallo, anche di fronte alla difficoltà di accesso al credito.
«Del trenta per cento rispetto a un recente passato», spiega Cuomo. Ma come si presenta il fenomeno alle soglie del 2024? È cambiato - sembra di capire - è diventato decisamente più raffinato e capillare. In che senso? Si passa dal prestito all’infiltrazione, per arrivare al riciclaggio. Denunce alla mano, sembra chiara la traiettoria disegnata da soggetti più o meno collegati alla camorra: vengono prestati soldi a strozzo, poi - di fronte all’impossibilità della vittima di coprire gli interessi - arriva il piano b: il criminale entra nella compagine societaria della sua vittima. Magari non in chiaro, magari passando attraverso i propri prestanome, in modo da arpionare una parte consistente dell’asset di un’azienda. E non è finita. Tramite questo tipo di pressione, si ottiene anche un altro obiettivo: quello di ripulire - sempre attraverso i propri prestanome - soldi di origine illecita. Una sorta di mossa in tre step: usura, racket, riciclaggio. In un clima di minacce che consente di entrare nel cuore dell’economia cosiddetta pulita.
Una volta piazzate casalinghe o disoccupati negli asset di bar, tabaccherie, autorimesse, officine meccaniche il gioco è fatto. Chi possiede un esercizio commerciale è costretto a fare un passo indietro, di fronte alla necessità di colmare il proprio debito; chi entra in una compagine societaria lo fa garantendo un’operazione cosmetica per la camorra, decisiva per il rafforzamento territoriale di boss e gregari. È uno scenario che ha investito un’intera area metropolitana, proprio negli anni della cosiddetta ripresa post covid.
Spiega Cuomo: «Si tratta di operazioni a bassa intensità, ma particolarmente incisive ed efficaci nell’ottica di affermazione di un clan. Da un lato si prestano soldi, dall’altro si controllano le aziende, con infiltrazioni apparentemente legali o comunque formalmente impeccabili». Ma come avviene questo genere di strategia? «Leggo sempre lo stesso canovaccio, indipendentemente dal territorio - spiega Cuomo -, a dimostrazione di un fenomeno che si riproduce sempre con gli stessi mezzi. C’è chi si rivolge all’usuraio, dicendo che è l’uomo che “notoriamente” presta soldi a interesse. Un’espressione da bridi, quel “notoriamente”, perché significa che l’usuraio rappresenta un presidio sul territorio conosciuto a tutti. Ed è su questo carattere di notorietà che bisogna combattere, è su questa dimensione che bisogna intervenire, anche per spezzare la catena che passa dalla sofferenza del singolo esercente all’infiltrazione mafiosa, per poi approdare a un sistema di ripulitura del denaro sporco in una operazione formalmente inappuntabile».