Bosco di Capodimonte in ginocchio
chiuso per altri due mesi

Bosco di Capodimonte in ginocchio chiuso per altri due mesi
di Paolo Barbuto
Domenica 11 Novembre 2018, 10:49 - Ultimo agg. 12 Novembre, 09:27
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Sono in venti, da due settimane iniziano a lavorare all'alba e si fermano solo quando la luce va via: percorrono il bosco di Capodimonte metro per metro, individuano tronchi abbattuti e rami crollati, verificano albero per albero la tenuta di tutto il parco, controllano i danni subiti dalla pavimentazione e dai cordoli, lottano per cancellare le tracce della devastazione. È il team di esperti di Euphorbia, la ditta che si occupa della manutenzione del bosco e che, dal giorno della tempesta sulla città, il 29 ottobre, è stata chiamata a soccorrere il verde ferito.

Il lavoro degli esperti è seguito costantemente dal direttore del museo e del parco, Sylvain Bellenger, il quale dal giorno del disastro, ha messo in piedi una squadra di emergenza con il direttore dei lavori Giosuè De Angelis, il responsabile della sicurezza Diego Lama, un manipolo di capiservizio e custodi volenterosi e valorosi e il team di Euphorbia, guidato dall'amministratore Nunzia Petrecca, anche lei da due settimane consecutive alle prese con il bosco da mattina a sera.
 
Venerdì scorso è stato diffuso un comunicato che conteneva allarme e speranza all'unisono: centinaia gli alberi abbattuti, decine di spaccature a cordoli e pavimentazione, eppure gli interventi immediati hanno subito riaperto i percorsi per gli alunni del Caselli, la scuola che si trova all'interno del bosco e quelli per consentire ai visitatori di raggiungere il museo. Adesso c'è precedenza per la messa in sicurezza lungo i viali che conducono alla zona dove sono attestati i carabinieri forestali e la polizia a cavallo, ma è tutto il parco ad essere monitorato costantemente.
Di primo acchito sembra che il lavoro non potrà terminare mai: l'area di Capodimonte è troppo vasta per consentire controlli puntuali e accurati in una manciata di giorni. Le reti rosse di protezione trasmettono una sensazione di paura e pericolo, ma non per questo rappresentano un ostacolo per gli imbecilli: capita quotidianamente che gli addetti trovino lungo i percorsi vietati persone che hanno allegramente sorpassato le recinzioni; in quel caso scattano le procedure di sicurezza, le persone vengono allontanate e viene inferta una picconata alle speranze di riapertura «step by step» del parco.
LE SOLUZIONI
S'era pensato, inizialmente, di procedere a una riapertura del parco con il costante avanzare dei lavori di messa in sicurezza. Si era ipotizzato di consentire ai visitatori di poter «ampliare» il loro percorso giorno dopo giorno, utilizzando le recinzioni per delimitare le aree vietate: l'esperienza dei continui «sconfinamenti», però, sta invitando a ripensare il progetto: «Non l'abbiamo abbandonato del tutto - spiega sorridendo Nunzia Petrecca - però per portarlo avanti c'è bisogno della costante e totale collaborazione dei napoletani. Se ognuno rispetta l'area delimitata, non ci saranno problemi. Probabilmente faremo dei test nei prossimi giorni».
Il problema è che la più ottimistica delle previsioni ipotizza una riapertura totale del bosco soltanto fra due mesi, ma non è nemmeno certo che si riesca a compiere l'impresa in un tempo così breve. Ecco perché, si tenta di restituire ai visitatori ogni piccolo spazio.
Per adesso, comunque, sono state studiate soluzioni alternative per l'area cani e per i campi da calcio che erano a disposizione dei ragazzi di Napoli all'interno del parco. Nel corso della prossima settimana verranno smontate le porte dai campetti del bosco e saranno trasportate in un'area limitrofa: un accordo con la municipalità guidata da Ivo Poggiani ha consentito di riaprire temporaneamente i campetti di Capodimonte all'esterno del parco. E di fianco ai campetti sarà istituita anche un'area destinata ai cani in sostituzione di quella interna. Sarà la struttura che fa capo al museo e al bosco a dotare le aree di cestini e sacchetti per raccogliere i rifiuti e ad occuparsi della pulizia. Si tratta di un segnale di continuità e, soprattutto, di vicinanza al territorio.
I LAVORI
I primi interventi sono stati realizzati sugli alberi abbattuti che sono stati segati e rimossi così come i rami che si sono schiantati al suolo. Adesso il grande impegno è sulla verifica degli altri alberi: in primo piano c'è la sicurezza, ma gli esperti cercano soprattutto di salvaguardare il verde esistente cercando soluzioni per evitare gli abbattimenti garantendo comunque una incondizionata tutela dei visitatori. Fortunatamente nessuna delle piante storiche e rare del bosco è andata distrutta anche se molte hanno bisogno di particolare attenzione in questo momento.
Sylvain Bellenger, direttore poliedrico e vulcanico, però, ha già deciso che dalla devastazione dovrà nascere qualcosa di positivo. Ha chiesto di non gettare via il legno degli alberi abbattuti dal vento: verrà lavorato e trasformato. Gli alberi crollati diventeranno panchine sulle quali verrà scritta la vicenda della devastazione accompagnata da notizie sul cambiamento climatico e sui pericoli connessi ad esso.
Per dare un segnale di rinascita, fra dieci giorni in occasione della festa dell'albero, nel bosco sarà piantato un albero identico a uno di quelli che sono stati abbattuti. Anche questo sarà un segnale: dopo la devastazione inizia la rinascita.
 

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