Napoletani scomparsi in Messico, ora indaga l'Antimafia

Napoletani scomparsi in Messico, ora indaga l'Antimafia
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 25 Aprile 2018, 08:30 - Ultimo agg. 16:50
4 Minuti di Lettura

Hanno arricchito di particolari degni di nota un'inchiesta che sta decollando da Napoli verso il centro America, Messico per la precisione. Oltre due ore nelle stanze di due pm, tanto è durata l'escussione della moglie e di un figlio di due dei tre napoletani scomparsi in Messico lo scorso 31 gennaio.

Sentiti come testimoni e come potenziali parti offese, in uno scenario che da giorni fa registrare la mancanza di elementi di novità, in un silenzio angoscioso che avvolge tre famiglie partenopee. Unica svolta degna di nota è proprio quella che si è registrata ai piani alti della Procura di Napoli, che ha deciso di accendere un faro sulla vicenda dei tre nostri concittadini svaniti nel nulla. Ora indaga la Dda di Napoli, ovviamente in stretta sinergia investigativa con la Procura di Roma, formalmente titolare delle indagini che riguardano i cittadini italiani vittime di reati all'estero. Ieri, dunque, la doppia testimonianza messa agli atti, dinanzi ai pm Ida Teresi e Alessandra Converso, nel tentativo di consegnare agli inquirenti napoletani il maggior numero di informazioni sulla vita dei tre cittadini partenopei scomparsi.
 
Ma proviamo a fare un passo indietro. È stato il Mattino a dare notizia della scomparsa del sessantenne Raffaele Russo, del figlio 25enne Antonio Russo, e di un nipote 29enne Vincenzo Cimmino, in uno scenario investigativo che spinge i riflettori su una delle più temibili organizzazioni criminali del centro-America: parliamo del Cartello di Jalisco Nuova Generazione, che da anni controlla le rotte del malaffare del Messico.

Una vicenda su cui ieri pomeriggio sono stati ascoltati uno dei parenti dei Russo (che è stato sentito come teste per la seconda volta in pochi giorni) e la moglie di uno dei tre napoletani di cui si è perso le tracce. Facile immaginare che abbiano portato una serie di elementi destinati ad essere raccolti in una trama investigativa di ampio respiro. Possibile ipotizzare anche che i tre cittadini italiani siano caduti in una sorta di imboscata organizzata anche grazie al ruolo di poliziotti corrotti. Ne sono convinte le stesse autorità messicane che - quando l'intrigo è diventato internazionale -, hanno adottato la linea della fermezza e della trasparenza: la Procura di Jalisco ha infatti messo sotto inchiesta 33 poliziotti di Tecalitlan - siamo a 700 chilometri da Città del Messico - proprio dove è stato localizzato l'ultimo messaggio inviato dai tre italiani scomparsi.

Intanto, il caso è seguito dalla Farnesina, mentre una task force dell'interpol è pronta a dare soccorso agli investigatori locali a rinvenire tracce utili a risolvere il giallo. Rappresentati legalmente dagli avvocati Claudio Falleti e Luigi Ferrandino, i parenti degli uomini scomparsi chiedono attenzione sull'angoscia che si è abbattuta sui propri nuclei familiari. Secondo alcuni media locali, infatti, agli atti del fascicolo messicano ci sarebbero le testimonianze di quattro agenti ritenuti coinvolti. Testimonianze che potrebbero essere state estorte con la forza, sotto tortura.
E non è finta. Ad intorbidire tutto, altre strane figure che sono apparse sulla scena investigativa. È il caso di un certo don Angel, l'uomo ritenuto legato al cartello criminale che avrebbe preso in consegna i tre connazionali spariti. Un uomo chiave in questa storia, sempre se le notizie emerse finora siano vere, genuine e non acquisite in modo violento dietro forme di tortura. Un caso che resta aperto, su cui ora c'è il timbro del pool anticamorra di Napoli. In campo i pm che storicamente si occupano del malaffare nella zona del centro cittadino, in uno scenario tutto da mettere a fuoco. È il 31 gennaio quando inizia l'odissea delle famiglie Russo e Cimmino.

Si parte dalla scomparsa nel nulla di Raffaele Russo, mentre in un secondo momento tocca al figlio e al nipote finire in una sorta di buco nero: vengono attirati in una trappola ordita dalla polizia di Tecalitlan, per poi essere consegnati da esponenti corrotti della polizia locale alla gang del sud dello stato di Jalisco. Agghiaccianti i particolari emersi fino a questo momento, anche se non esistono conferme di natura investigativa. I tre uomini sarebbero stati venduti per una somma pari a 43 euro, in uno Stato che ogni anno fa registrare centinaia di uomini ammazzati nel corso di regolamenti di conti tra bande criminali, ma anche casi di soggetti svaniti nel nulla. Missing, desaparecidos. Ma quale sarebbe il movente della scomparsa dei tre napoletani? Stando a quanto emerso finora, si sarebbero avventurati in Messico per piazzare generatori elettrici di fabbricazione cinese. Una sorta di evoluzione naturale del mestiere di magliaro, che deve aver incrociato nomi, facce e ruoli che ora la Dda di Napoli sta cercando di ricostruire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA