I rifiuti e i fanghi valgono oro: corsa contro il tempo per smaltirli

I rifiuti e i fanghi valgono oro: corsa contro il tempo per smaltirli
di Daniela De Crescenzo
Lunedì 19 Febbraio 2018, 08:21 - Ultimo agg. 16:08
6 Minuti di Lettura
Sei milioni di ecoballe da eliminare. Duemila tonnellate di fanghi provenienti dagli impianti di depurazione stoccate nei bilici perché non si sa dove portarle. Due emergenze che segnano la Campania trascinandosi da anni e che ancora una volta sono finite al centro delle indagini della magistratura e delle inchieste dei giornalisti, ultima in senso cronologico quella del sito di informazione Fanpage, certamente quella che ha fatto più rumore.
Fare il punto su entrambe le vicende sembra necessario per capire qualcosa in più dei video pubblicati online e soprattutto per valutare la gravità dei problemi che, al momento, restano ancora aperti.

Ecoballe. Il governo ha stanziato prima 150 milioni e poi 294 milioni per risolvere uno degli strascichi più pesanti dell’epoca dell’emergenza. Un investimento, più che una spesa visto che solo in provincia di Napoli attualmente, per Il fitto delle piazzole, la vigilanza e lo smaltimento del percolato, si spendono quasi quattro milioni all’anno.
 
Per far sparire le piramidi di immondizia sono state organizzate quattro gare: al momento resta aperta, però, solo una richiesta di manifestazione d’interesse. E, nonostante la gran mole di soldi in ballo, alcuni lotti non sono stati assegnati: uno, quello di Villa Literno, non ha mai trovato un competitor. Gli uffici della Regione hanno più volte sottolineato che proprio quella è la zona più difficile da raggiungere. Ma le inchieste giudiziarie degli anni passati hanno anche evidenziato che proprio su quelle piazzole (e sui relativi fitti) si sono appuntati gli interessi dei clan.

Ma facciamo un passo indietro. Per far sparire la spazzatura depositata soprattutto tra Giugliano e Villa Literno la Regione ha organizzato due gare: entrambe chiuse e i contratti sono stati firmati tra il 2016 e il 2017. Con la prima è stato appaltato il trasporto di 476.794 tonnellate, attualmente ne sono state smaltite più o meno novantamila. L’importo a base d’asta era di 150 euro e tutti i lotti assegnati hanno visto ribassi tra il 2 e il 3 per cento. Hanno vinto i raggruppamenti di imprese formati da Defiam srl ed Ecobuilding srl; Ecosystem – Econet; Vibeco - Bm Service - SirioAmbiente & Consulting; Sarim - Bps. In quest’occasione tutte le ditte partecipanti hanno ottenuto un lotto ad eccezione della A2A. Tre lotti sono andati deserti e sono stati rimessi in gara successivamente; uno di questi, quello di Villa Literno, non ha trovato contendenti anche nella seconda gara organizzata nel 2017. Tuttavia, la gran parte delle imprese vincitrici non è riuscita a smaltire le quantità di rifiuto previste per l’opposizione dei Paesi individuati come destinazione. Solo la Vibeco è riuscita a convincere i portoghesi pagando per lo smaltimento in discarica una cifra largamente superiore rispetto a quella versata dalle società locali. Come se non bastasse, una parte delle balle di Taverna del Re, quelle che dovevano viaggiare oltremare, è stata bruciata da un incendio doloso appiccato nella scorsa estate.

Visti i cattivi risultati raccolti il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, che segue il settore, ha deciso di cambiare strada e di puntare sulla termovalorizzazione. L’importo a base d’asta di questa gara è stato di 170 euro a tonnellata: due lotti sono andati alla Ecosistem srl che dovrà smaltire 125mila tonnellate depositate a Pontericcio e 55mila tonnellate che giacciono nel depuratore dell’area nolana. Il quarto lotto, sempre in località Pontericcio (126mila tonnellate) se l’è aggiudicato la A2A, la partecipata del Comune di Milano che già gestisce il termovalorizzatore di Acerra e lo stir di Caivano e che ha cominciato a lavorare. Un altro lotto, che riguarda 98mila tonnellate di Masseria del Re, è andato alla Iren Spa.

Ma il piano della Regione punta anche su impianti di selezione del materiale contenuto nelle balle. A gennaio si sono chiusi i termini per la presentazione delle domande per realizzare e gestire una linea all’interno dello stir di Caivano (importo a base d’asta 173 milioni e 400 mila euro) e nei giorni scorsi l’amministrazione ha pubblicato sul portale gare un avviso di «consultazione preliminare di mercato» per scoprire se ci sono aziende interessate a trasformare i rifiuti in combustibile secondario, a recuperare il possibile e a smaltire la frazione residua e a realizzare e gestire il già contestato impianto che dovrebbe sorgere nei pressi di Pontericcio a Giugliano. Alle aziende si chiedono una serie di requisiti molto elevati: un fatturato medio annuo non inferiore al 50 per cento dell’importo a base d’asta, di cui metà nel settore dei rifiuti, la lavorazione di almeno 400 mila tonnellate di rifiuti all’anno, più una serie ingente di certificazioni ambientali. Insomma, la soluzione del problema balle non sembra a portata di mano, ma, al momento, non ci sono vere e proprie gare aperte. Ovviamente quei sei milioni di tonnellate di rifiuti fanno gola a molti, ma, a quanto pare, seppellirle o bruciarle o separarne i materiali non è facile per nessuno.

Quanto alla Sma, anche questa ha una storia lunga e complessa segnata da emergenze e problemi economici. La società destinata alla vigilanza ambientale nasce all’interno di Finmeccanica, negli anni 90 viene rilevata dal gruppo Intini. All’impresa vengono affidati progetti di prevenzione e nel 2001 diventa una società mista, assorbe circa 600 Lsu e la Regione ne rileva il 49 per cento. Poi, con la giunta Caldoro, Palazzo Santa Lucia rileva il 51 per cento del socio privato e trasforma l’azienda in una società in house. 

Fino a questo momento l’impresa non si è mai occupata di depurazione: il settore è affidato al commissario Nicola Dell’Acqua che però nel 2016 si dimette perché la struttura è soffocata dai debiti legati al mancato trasferimento di risorse da parte della Regione. Sulla carta al commissariato devono arrivare 60 milioni all’anno dalla Regione. Nel 2014 ne arrivano 40. Quindi i debiti crescono nonostante i risparmi realizzati da Dell’Acqua che ha portato le spese a meno di 50 milioni. Il risparmio è stato reso possibile dai ribassi ottenuti nello smaltimento dei fanghi prodotti dagli impianti. Il servizio è stato appaltato con procedura pubblica e il costo è passato dal 170 euro a tonnellata ai 126. Risultato raggiunto dopo che la gara era andata deserta per due volte. La cosa era stata segnalata anche alla Procura antimafia. Nel maggio del 2015 si era presentata una sola ditta che aveva detto di non aver interesse ad avanzare un’offerta perché l’importo di base era troppo basso. Alla seconda gara si erano presentate due aziende che avevano poi ammesso di non avere i requisiti richiesti. Solo in terza battuta era stato possibile assegnare il servizio. 

Terminata la gestione commissariale dei depuratori, però, i costi ricominciano a salire. Nel dicembre del 2016 viene nominato amministratore unico della Sma Lorenzo Di Domenico, già commissario ai Consorzi unici di bacino. A marzo del 2017 la proprietà, cioè la Regione, crea un consiglio di amministrazione e lo nomina consigliere delegato. Inizialmente Sma Campania gestisce sei impianti di depurazione, poi affidati con gara a dei privati. Cinque - Acerra, Napoli Nord, Regi Lagni e Succivo – non ancora consegnati. Uno, quello di Cuma, è in mano ai privati; mentre Napoli est resta alla Sma e ogni giorno bisogna smaltire 10 camion di fanghi per un totale di più di duecento tonnellate. Le gare vanno deserte, i fanghi restano senza destinazione. A marzo del 2017 la Regione autorizza Di Domenico ad affidare l’operazione senza gara al prezzo di 145 euro a tonnellata. Ma non si trovano ditte disposte a lavorare e scoppia l’ennesima emergenza. E così si comincia a stoccare nei bilici. Ancora oggi, dopo polemiche, indagini e inchieste giornalistiche, non si sa dove portare questi maledetti fanghi.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA