A via Petrarca la villa del boss diventa una cooperativa sociale

A via Petrarca la villa del boss diventa una cooperativa sociale
di Delia Paciello
Giovedì 8 Giugno 2017, 22:58
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Una splendida villa a via Petrarca, nel parco La Gloriette, con un panorama mozzafiato ed un grande spazio verde circostante: era la villa del boss Michele Zaza, oggi confiscata alla camorra e gestita dall’associazione Arca, vincitrice del bando di concorso indetto dal Comune di Napoli.
Un bene particolarmente prezioso, che offre l’opportunità di realizzare un bellissimo progetto diretto ai più deboli proprio in un posto che meno di altri è abituato ad ospitare iniziative di questo tipo. Oggi invece si accinge a diventare simbolo di riscatto culturale oltre che sociale. «La criminalità organizzata ci tocca quando nel nostro quotidiano restiamo indifferenti a tanti piccoli momenti di illegalità che diventano erroneamente normalità e si accettano ormai senza averne piena coscienza, come semplice routine della quale non ci sentiamo responsabili», afferma Nicla Tirozzi, vicepresidente dell’associazione Arca.


È per questo che il nuovo centro rappresenta una scommessa ed una speranza: Tutta n’ata storia è il nome del progetto, il cui primo intento è quello di dare una svolta sostanziale a questi luoghi affinché diventino teatro di iniziative dove promuovere la legalità. Il lavoro educativo previsto vuole contrastare le logiche della criminalità organizzata e punta quindi alla solidarietà, all’accoglienza e all’integrazione. La Gloriette vuole così riscattarsi dai mostri e dai fantasmi del passato.

Le attività proposte sul bene si rivolgono principalmente ai soggetti con disabilità mentali, come autismo infantile e demenza senile, e ai ragazzi istituzionalizzati in case famiglia e case alloggio, che dopo il raggiungimento della maggiore età non possono tornare alle famiglie originarie dove hanno subito gravi violenze, e non trovano collocazione nella società. Uno dei primi intenti di questo progetto è infatti offrire loro lavoro stabile e accompagnamento all’autonomia abitativa.
È per questo che il progetto prevede anche una messa a reddito, come spiega anche l’assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, Roberta Gaeta: «La messa a reddito è un valore aggiunto dì fondamentale importanza che consente di dare maggior dignità a questa iniziativa, al fine di rendere autonome quelle persone che partono da uno stato di disagio estremo. Coinvolgendole in queste attività, si può offrire loro la possibilità di costruire il proprio futuro in autonomia».
 


 


Le attività a reddito saranno dirette alla produzione di vini pregiati nell’agro circostante la villa e, nella parte edificata, alla produzione di ceramiche artigianali.
A realizzare tutto questo contribuiranno  la Facoltà di Agraria della Federico II, che certificherà la qualità del terreno del vigneto e dei chicchi d’uva prodotti in modo da garantire la produzione di vini altamente qualificati, e costruirà un impianto di compostaggio biologico a impatto zero per la produzione di compost di altissima qualità.
Attraverso un altro partner istituzionale, ossia la Facoltà di Veterinaria, verrà invece costituito il primo centro italiano di pet therapy rivolto alle disabilità mentali: ci saranno anche degli asinelli utilizzati in questo tipo di attività, fra cui il simpatico asino dal nome Forza Napoli. Si terranno inoltre dei corsi per educatori cinofili che rappresenteranno altre occasioni di formazione al lavoro per i soggetti fragili.
Anche il Cnr parteciperà alla costruzione di un modello innovativo di impresa sociale, che punta a capitalizzare professionalità di alto profilo, sia pubbliche che private, a costo zero.
 
«Per questa struttura abbiamo un’assegnazione di tre anni più tre, che è molto poco per realizzare progetti di questo tipo», spiega Nunzio Sisto, presidente dell’associazione Arca. Poi continua: «Siamo in dialogo con l’amministrazione comunale affinché vengano assegnati i beni confiscati per un tempo più congruo, come avviene ad esempio nel casertano, dove questo tipo di realtà sono molto più mature tanto che la gestione dura anche 20 o 25 anni. In questo modo è possibile realizzare progetti più stabili ed attrarre le migliori intelligenze e capacità del terzo settore. Noi contiamo sulla sensibilità delle istituzioni rispetto a questo problema».
Dello stesso parere anche Ciro Corona, presidente della cooperativa sociale Resistenza Anticamorra che collabora all’organizzazione. Ma Ciro sottolinea anche i primi cambiamenti positivi all’interno di queste realtà: «Finalmente questa volta i beni confiscati non sono più soggetti ad assegnazione diretta come in passato, ma si comincia a cooperare anche nel napoletano: la prima conquista in questo senso è proprio l'assegnazione tramite bando di concorso pubblico. Preoccupa però che la durata sia di soli tre anni: non sono sufficienti a mettere insieme un sistema produttivo efficiente».
 
Anche la cooperativa sociale Al di là dei Sogni ha preso parte al progetto, portando la sua esperienza nel campo della riorganizzazione dei beni confiscati alla camorra proprio nella zona del casertano. «Bisogna distruggere il sistema culturale preesistente e ricostruire.
La vera sfida è che queste nuove realtà si reggano e resistano, che diventino produttive e capaci di fare azioni di integrazione nel sociale proprio in quei quartieri che, occupati dalla camorra, avevano perso il valore della legalità», commenta il presidente Simmaco Perillo.«È necessario scavare le radici della criminalità organizzata all’interno della forma mentis di tutte le persone, anche di quelle che assistono indifferenti. Solo andando a fondo alla struttura culturale della società si può combattere la camorra», conclude Perillo.

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