Ditte «anonime», i carabinieri in azione durante un funerale nel Napoletano

Ditte «anonime», i carabinieri in azione durante un funerale nel Napoletano
di Ferdinando Bocchetti
Lunedì 21 Gennaio 2019, 10:29 - Ultimo agg. 11:00
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Erano in centinaia nella chiesa di San Castrese a Marano per l'ultimo saluto a Michele Coppeto, il 20enne morto tragicamente qualche giorno fa in un incidente al Poggio Vallesana. Gli amici di sempre, i colleghi di università e i rappresentanti delle istituzioni: il sindaco Rodolfo Visconti, il deputato Andrea Caso e numerosi assessori e consiglieri. Tutta la comunità si è stretta ieri attorno ai genitori, papà Giovanni e mamma Maria Carmela, alla sorella Isabella e alla fidanzata Federica. Un funerale segnato tuttavia dalla presenza dei carabinieri della locale Compagnia, intervenuti all'esterno della chiesa - ad esequie in corso - per identificare l'autista del carro funebre e gli inservienti della ditta «anonima» che ha curato l'intera organizzazione. I militari dell'Arma erano in preallarme da giorni, da quando in città erano apparsi gli ormai consueti manifesti privi di logo e riferimenti alle aziende di pompe funebri. Si tratterebbe di inservienti in servizio presso una ditta che opera abitualmente in un altro comune dell'area nord. Anche il carro, che ha trasportato il feretro del povero Michele nel piazzale antistante la chiesa del santo patrono, era sprovvisto di indicazioni e riferimenti. A insospettire ancor di più i carabinieri, tuttavia, la presenza del titolare e degli operatori di una delle ditte finite nel mirino della prefettura, che negli ultimi tempi ha emesso ben tre interdittive antimafia nei confronti di altrettante aziende riconducibili alla famiglia Cesarano. La Dda di Napoli segue con attenzione la vicenda, che si snoda su un doppio binario: quello delle verifiche amministrative, in capo al Comune di Marano, che deve vigilare sull'effettivo rispetto dei provvedimenti ostativi emanati dall'autorità territoriale di governo, e quello delle eventuali pressioni o accordi, anche di natura criminale, tesi in qualche modo ad aggirare le disposizioni del prefetto e a favorire le aziende attualmente (almeno ufficialmente) sospese.
 
Gli enti destinatari della comunicazione della prefettura, tra cui Marano, Calvizzano, Mugnano, Qualiano, Quarto e Bacoli, non dovrebbero limitarsi a revocare le autorizzazioni rilasciate alle aziende colpite dai provvedimenti interdittivi ma dovrebbero attivare una serie di controlli per fermare i non autorizzati o comunque coloro che agiscono illegalmente. Per ora tali verifiche, almeno in alcuni comuni, non avrebbero sortito gli effetti auspicati dagli organi sovracomunali. Sono tre le aziende dei Cesarano che, alla luce dei recenti provvedimenti, non possono più operare. Lo stop è stato imposto alla Eredi Cesarano, alla ditta La Fenice e alla Cesarano Funeral Flegrea, quest'ultima costituita poco più di tre mesi fa. I Cesarano sono originari di Castellammare di Stabia, dove operano altre aziende gestite da loro familiari, ma da 35 anni risiedono e lavorano prevalentemente nei comuni di Marano, Calvizzano, Quarto e in altri territori dell'area flegrea. Alfonso Cesarano, ritenuto dagli inquirenti uno dei titolari di fatto di una di queste aziende, finì qualche anno fa nel mirino della magistratura napoletana: fu sottoposto ad indagine nell'ambito dell'inchiesta per il voto di scambio per la tornata elettorale che si tenne a Quarto, poi vinta dall'ex sindaco grillino Rosa Capuozzo. Nome noto alle cronache giudiziarie anche quello di Attilio Cesarano, fratello di Alfonso, condannato per associazione mafiosa con il clan Polverino. Una pena (comminata in appello) per la quale ha scontato dodici anni di carcere.
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