Disputa tra pizzerie, vince Gino: «Solo lui può usare il marchio Sorbillo»

Disputa tra pizzerie, vince Gino: «Solo lui può usare il marchio Sorbillo»
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 18:40 - Ultimo agg. 20:24
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«Gino Sorbillo, partendo da una solida tradizione familiare, ha saputo creare un brand riconosciuto nel Mondo ed è giusto che il suo impegno e il suo lavoro siano tutelati da tentativi di imitazione che possono creare confusione, soprattutto tra i turisti che, quando arrivano a Napoli, mettono sempre più spesso in programma un salto nella pizzeria di via dei Tribunali». Lo hanno detto il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, e Gianni Simioli de La Radiazza, dando notizia che «la sezione imprese del Tribunale di Napoli ha dato ragione a Gino Sorbillo, riconoscendogli il diritto a usare il marchio Sorbillo al di là del fatto che sia un cognome in comune di un parente che aveva tentato un’avventura nel campo della ristorazione aprendo due pizzerie con lo stesso marchio». «Ringrazio i miei avvocati, Alessandro Limatola e Sergio Perugino, che, contrastando le strategie degli avvocati della controparte, Angelo Pisani, Daniela Pasquali e Angelo Scala, mi hanno permesso di ottenere anche dalla Giustizia quel riconoscimento che il mercato mi ha dato premiando l’amore e l’impegno che ho messo nell’ideare e creare un’attività che ho avviato oltre venti anni fa» ha aggiunto Sorbillo.

L'avvocato Angelo Pisani accoglie con rispetto ma non si preoccupa dell'ordinanza cautelare emessa dalla sezione imprese del Tribunale di Napoli in merito alla diffida sull'utilizzo del marchio avanzata dal pizzaiolo Gino Sorbillo contro il cugino Luciano. Pisani precisa il merito: «Questa non è una sentenza inappellabile, come mediaticamente si vuole far credere, ma solo un'ordinanza cautelare che sarà oggetto di processi ordinari. Il processo vero e proprio infatti deve ancora iniziare: ci sarà un primo grado, l'appello e la sentenza della cassazione a decidere chi ha ragione sul nome Sorbillo e sul diritto di tutti alla pizza napoletana».

L'avvocato ha la certezza che la storia non finisca qua:
«Si tratta di un'ingiustizia ma è pur vero che alla lunga il bene e la verità vincono sempre.
Vietare l'utilizzo del cognome e della propria storia familiare, tra l’latro utilizzata da sempre da Gino per farsi pubblicità fin dai tovaglioli di carta, non può essere socialmente accettabile come principio e non è scritto in nessuna sentenza passata in giudicato
». E poi esprime amarezza su quanto si legge: «Leggo che Gino Sorbillo si starebbe tutelando da tentativi di imitazione e questo non è corretto: il ricorso lo ha fatto contro cugini più grandi di età rispetto a lui che è uno degli ultimi dei cugini pizzaioli, che sicuramente hanno più anni di lavoro, esperienza e tradizione anche se meno esposizione mediatica essendosi dedicati alla tradizione della pizza e non alla pubblicità. Difficile sostenere che lo stessero imitando». Poi ribadisce un principio: «La pizza dovrebbe essere libera e a giudicare dovrebbero essere solo i consumatori, veri giudici del gusto». Infine l'annuncio: «Tutte queste storie, i valori a cui si ispira la mia difesa e molto altro sono oggetto del mio prossimo volume, 'Diritto alla pizza', in uscita in primavera; racconterò quanto la pizza sia diventata un business quando invece era il cibo del popolo e di una comunità».
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