San Paolo, caos pronto soccorso:
medici in arrivo da altri reparti

San Paolo, caos pronto soccorso: medici in arrivo da altri reparti
di Ettore Mautone
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 08:42
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Ospedale San Paolo: in pronto soccorso non ci sono medici a sufficienza per coprire i turni nelle 24 ore. Una carenza che perdura da oltre un anno che ora viene tamponata dal direttore sanitario aziendale Pasquale Di Girolamo Faraone che, dopo mesi di sofferenza, segnalazioni e richieste ha autorizzato il direttore del presidio Michele Ferrara ad impiegare nella prima linea il personale proveniente dagli altri reparti. Segnatamente da Medicina, Medicina di urgenza e Cardiologia. Da oggi alcune unità specialistiche di queste discipline dovranno ruotare al fianco dei colleghi dell'area del pronto soccorso.
 
Nel provvedimento - firmato anche dal responsabile dell'assistenza ospedaliera della Asl Giuseppe Russo - si dà mandato di adottare misure urgenti, straordinarie e transitorie, fino alla normalizzazione dei turni. I tre reparti devono dunque lavorare in team costituendo un'unica area funzionale omogenea, condividendo personale e posti letto a supporto dell'attività di emergenza e urgenza.

Nel disastro degli ospedali della Asl Napoli 1 se a nord il San Giovanni Bosco soffre, alle prese con le note gravi carenze strutturali e organizzative, non è meno critica la situazione a ovest. Al San Paolo, un anno e mezzo fa, l'emergenza formiche è stata risolta ma oggi il presidio resta il nervo scoperto della carenza di personale tanto che da tempo è stato sospeso l'istituto delle dimissioni protette che consentiva di seguire gratuitamente alcuni pazienti critici dimessi dal pronto soccorso impiegando a domicilio e in ambulatorio personale della medicina di urgenza. Un modello innovativo che andava avanti da 18 anni, considerato prezioso per evitare accessi impropri e ritorni in pronto soccorso di pazienti fragili che potevano contare su piani terapeutici salvavita e oggi non più seguiti allo stesso modo.

Per il pronto soccorso del San Paolo, dopo mesi di lavoro in apnea, culminati nel decesso di Immacolata Caiazzo per tubercolosi viscerale (un medico che aveva continuato a svolgere turni in pronto soccorso, nonostante la malattia, anche per non arrecare difficoltà ai colleghi in servizio), arriva ora una boccata di ossigeno. Ma si tratta di un provvedimento tampone per rimpiazzare le tante defezioni registrate nell'ospedale di Fuorigrotta. Qui in prima linea sono rimasti solo 7 specialisti di medicina di urgenza e 6 giubbe rosse delle emergenze territoriali (118) a fronte dei 6 specialisti migrati altrove (diventati primari per concorso in Campania e in altre regioni), di 3 camici bianchi del 118 esonerati, di uno specialista tornato sul territorio, un medico spedito in reparto e altri due dirottati nell'assistenza domiciliare. Spopolamento che ha aumentato i carichi di lavoro spingendo alcuni camici bianchi a partecipare a un concorso per andare al Cto. Eppure il San Paolo, come il San Giovanni Bosco, è un polo dell'emergenza della Asl configurato come pronto soccorso di I livello (media complessità) con diverse discipline mediche e chirurgiche cui si è aggiunta, negli ultimi mesi, la cardiologia proveniente dall'Ascalesi. Questa è però appoggiata nella vecchia urologia, dove ci sono i posti letto ma non gli infermieri. Dopo 5 mesi di parcheggio i medici chiedono di essere impiegati altrove.

Non a caso il provvedimento assunto al San Paolo viene considerato, dalla Società scientifica di Medicina di urgenza riunita ieri a Caserta, un arretramento a modelli di assistenza in urgenza vigenti 40 anni fa laddove la soluzione risiederebbe nell'efficienza complessiva della macchina dei ricoveri e delle dimissioni di tutto l'ospedale.
 
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