Cancro, buttate dosi per la chemio,
scandalo all'Ospedale del Mare

Cancro, buttate dosi per la chemio, scandalo all'Ospedale del Mare
di Maria Pirro
Martedì 15 Gennaio 2019, 11:03 - Ultimo agg. 13:02
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«Centomila euro buttati in sei mesi: questa la spesa per farmaci chemioterapici non utilizzati e gettati nel contenitore rosso dei rifiuti speciali in oncologia all'Ospedale del mare». La stima è della Fp Cgil, che segnala: nella struttura hi-tech, un gioiello della sanità campana, non c'è il laboratorio galenico per provvedere. Quindi gli antiblastici, almeno venticinque al giorno destinati ai pazienti seguiti qui, arrivano da fuori e, per fare in tempo, devono essere preparati in anticipo senza tener conto dell'imprevisto: il paziente può non presentarsi l'indomani o non effettuare il trattamento, poiché risultano valori ematici alterati. E, risvolti economici a parte, ci sono anche altri effetti collaterali, innanzitutto non poter sperimentare nuove terapie. Riconosce il problema Pasquale Di Girolamo Faraone, il direttore sanitario aziendale dell'Asl Napoli 1 Centro, competente in materia, che assicura: «Stiamo lavorando per progettare l'unità farmaci antiblastici all'interno dell'Ospedale del mare. A prescindere dalle cifre indicate dai sindacati, che a mio avviso sono esagerate, è fondamentale avere una nostra struttura».

LA CONVENZIONE
Il servizio al momento funziona così: il Cardarelli incassa 247mila euro per consegnare 75 preparazioni al giorno, venti giorni al mese, in sei mesi. La convenzione è valida dal primo gennaio al 30 giugno 2018, «nelle more dell'attivazione del piano ospedaliero». Il costo è a carico dalla Asl Napoli 1 Centro, di cui fanno parte l'Ospedale del mare e l'Ascalesi, i due presidi che provvedono a prescrivere e somministrare le terapie personalizzate nel dosaggio in base a diversi fattori, tra cui anche il peso del paziente. Le richieste devono essere presentate dal lunedì al sabato entro le 12 per ritirare i medicinali al mattino del giorno successivo. «Solo in casi particolari e previa motivazione», è previsto siano inseriti altri casi al di fuori degli orari concordati con l'unità specializzata. Quanto alla consegna, è sempre la Asl a dover pagare il trasporto: «Sborsando ulteriori ottomila euro al mese», quantificano Rosario Cerullo, coordinatore Fp Cgil dell'Asl, e Ruggiero Spada, componente della rsu all'Ospedale del mare.
Il reparto è affidato a un primario esperto, Bruno Daniele, ha cinque medici in servizio (ma un concorso è in atto per colmare le carenze in organico) e dieci posti letto, più altrettanti in day hospital. Ed è trait d'union con gli altri reparti che hanno professionisti e team di livello per intervenire chirurgicamente e affrontare diversi tipi di neoplasie. Ne è un esempio l'otorinolaringoiatria guidata da Giuseppe Tortoriello, sullo stesso piano nell'ala HD1 del complesso o la neurochirurgia con il primario Giuseppe Catapano o la chirurgia generale di Pietro Maida. Ma c'è anche l'urologia con Aniello Zito. Operative la radioterapia, la radiologia e la medicina nucleare e, ovviamente, è prevista l'anatomia patologica, anche se non ancora in funzione.

 

LA RETE
In più, il manager Mario Forlenza, in una delibera che organizza la rete oncologica della Asl, individua come centro di riferimento l'Ospedale del mare, dove attivare, in una prima fase, i gruppi multidisciplinari per i tumori del colon, del retto, dello stomaco, del pancreas, della prostata, del rene e della vescica. Il direttore generale indica, inoltre, in fase di organizzazione, le équipe per l'epatocarcinoma, le neoplasie del sistema nervoso centrale e quelle del distretto testa collo. «È il segnale che si vuole sostenere l'attività puntando all'eccellenza e non solo a garantire l'emergenza», dicono Cerullo e Spada. «E, per farlo, è fondamentale avere un laboratorio per la preparazione dei farmaci». I locali ci sono, vanno adeguati.

LE SPERIMENTAZIONI
I sindacalisti, in prima linea nel sollevare la questione posta già a settembre scorso dai camici bianchi, chiedono una svolta in tempi brevi. «Senza le cappe a flusso laminare - aggiungono Cerullo e Spada - non si può nemmeno ottenere l'autorizzazione a sperimentare nuove cure. Ciò significa depotenziare il centro e non contribuire a bloccare l'emigrazione sanitaria, dando ai malati quella speranza in più che cercano, spesso, raggiungendo i poli oncologici del nord Italia».
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