Scudetto, Napoli vive in un sogno:
«Vedrete, ci saranno tre mesi di festa»

Scudetto, Napoli vive in un sogno: «Vedrete, ci saranno tre mesi di festa»
di Marilicia Salvia
Lunedì 23 Aprile 2018, 22:58 - Ultimo agg. 24 Aprile, 10:36
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Napoli sogna. Di più: Napoli è pronta. «Aspettiamo solo domenica, la partita di Milano. Poi vedrete. Faremo una festa che dura tre mesi», assicura Gennaro, tifoso autodefinitosi «storico» di Forcella, «il quartiere più tifoso di tutta la città». 

Tre mesi come per lo scudetto vinto ai tempi di Maradona, «ci autotassammo e ogni sera c’era un evento, offrivamo da bere e da mangiare a chi passava» e figuriamoci adesso che siamo pieni di turisti: «Parleranno di noi in tutto il mondo». Se è per questo già lo fanno: mentre Gennaro parla è un tripudio di foto e di selfie accanto a un murales fresco fresco di nascita, un bel Koulibaly a grandezza quasi naturale incollato nel giro di pochi minuti, e con l’aiuto di diversi passanti, dalla giovane Roxy in the box, street artist parecchio nota non solo a Napoli. Un vero blitz, il suo, in questo quartiere che l’ha accolta subito con calore: «Forcella è un quartiere popolare, ho voluto portare qui l’immagine di questo calciatore, il nostro fratello senegalese come ho scritto sul disegno, perché la vittoria di ieri è stata una vittoria del popolo», spiega l’artista. È bello, sottolinea Roxy, che a segnare contro la squadra più potente d’Italia sia stato un giovane di colore, un ragazzo del Sud del mondo: «Qua c’è una bella comunità di senegalesi, da noi non c’è razzismo, ma proprio per questo dobbiamo impegnarci di più nelle battaglie contro le discriminazioni. Kalidou è un simbolo, anche al di là del calcio, che ci dimostra come è importante lottare tutti insieme per lo stesso obiettivo».
 

 

Kalidou uno di noi, l’eroe della porta accanto: a San Gregorio Armeno, nella sua bottega frequentata ormai ogni giorno da centinaia di visitatori italiani e stranieri, Genny Di Virgilio racconta che nel day after del trionfo azzurro le statuine che rappresentano il difensore goleador sono andate via come il pane. «Napoletani? No no, li hanno comprati una decina di turisti che vivono al Nord», sorride Genny. E che volete, il sentimento anti-Juve valica i confini campani, non abbiamo mica l’esclusiva. Anche Genny e suo padre, che sulle gesta del Napoli e sulle «colpe» del presidente non smetterebbero mai di discutere, hanno un sogno nel cuore: dipingere «quel» triangolino sulle maglie. «Sarebbe grandioso - dice Genny - dopo trent’anni. Ma lo farò quella notte, se quella notte arriverà: non un minuto prima della fine del campionato». Prima di tutto la scaramanzia. Però a colpire il maestro di San Gregorio, ieri mattina, è stata un’altra cosa: «Ci sorridevamo tutti. Per strada, nei negozi, ho visto un’atmosfera diversa, un’aria come di felicità. Ci si scambiava sorrisi, gentilezze, anche tra persone che non si conoscevano. Strano? No, è successo anche un’altra volta, quando a Napoli è venuto papa Francesco».
 
Un’aria sospesa, come di attesa di qualcosa di bello che dovrà arrivare. O di gratitudine per un «miracolo» che si sperava avvenisse, ma senza troppa convinzione. Napoli in poche ore è cambiata, quel che è avvenuto nell’arena di Torino ha smosso qualcosa sotto la solita superficie intrisa di un misto tra cinismo e vittimismo: «Non è stata solo un’impresa sportiva, ma una vittoria di popolo», dice fuori dall’aula del secondo Policlinico dove sta preparando un esame Carlo, 25 anni, al quinto anno di medicina. «È stata la nostra rivincita contro tutti gli abusi e le prepotenze, e soprattutto contro i pregiudizi che quelli del Nord nutrono nei nostri confronti. Li abbiamo costretti a guardarci con occhi diversi». Anche Fabrizio, suo coetaneo e compagno di studi, è felice: «Abbiamo una squadra compatta, un gruppo unito, bellissimo. Mi dispiace solo non essere riuscito ad andare a Capodichino. Ma stamattina avevamo i corsi, non potevo tirare l’alba».

Appuntamento con la festa solo rimandato? «A questa domanda non rispondo». No comment anche da Genny, distinto signore di mezza età che se ne va in giro per le strade del centro storico con un vistoso borsello su cui campeggia una scritta anti-Juve, definita «la vergogna e il peccato del calcio italiano». «Ma mica la porto in giro solo oggi, lo faccio sempre», racconta e tira fuori il telefonino per mostrare foto con magliette e felpe su cui il sostantivo più lusinghiero è “ladri”. Il tifo è così, la Juve a Napoli non è e non sarà mai semplicemente una squadra avversaria. «Certo che no. Perciò ieri, comunque andrà a finire il campionato, è una data che non dimenticheremo», dice ancora Peppe, che è andato a festeggiare sul lungomare ed è tornato a casa alle cinque «e poi mi sono cambiato e sono andato a lavorare. Sono arrivato un po’ tardi per la verità, ma era per una buona causa».

Sui marciapiedi di Forcella, del Corso Umberto, della stazione di piazza Garibaldi, ma anche su, da Posillipo al Vomero, è tutto uno scambiarsi fotografie e video della festa esplosa dopo il triplice fischio di Rocchi. «Ecco qua, vi faccio vedere, qua è a Capodichino», «guardate questo, stiamo in mezzo alla via con la bottiglia di spumante, e chi era più felice di me». Poi ci sono i video virali, quello con il vecchietto che esulta straiato sul pavimento, che urla e urla e sembra che possa sentirsi male dalla gioia e invece sta benissimo. E gli sfottò: Reina che protesta perché, in uno stadio così all’avanguardia, ha dovuto vedere la partita «all’erta». E soprattutto ci sono le storie vere.

«Al trentacinquesimo del primo tempo, quando Hamsik ha sbagliato un gol praticamente fatto, ho dato una botta al televisore e addio: s’è scassato», ride Emanuele. «Stamattina l’ho dovuto ricomprare, ecco qua la ricevuta: 570 euro». Sì, ma quindi non ha visto il resto della partita, il gol di Koulibaly, l’esultanza sotto il settore ospiti, il lutto in casa Sky? «Come no, e ci mancava. Ho visto tutto in camera da letto, con il televisore piccolo». E comunque il Napoli prende, il Napoli dà: perché siccome Emanuele aveva giocato cento euro sulla vittoria degli azzurri, ieri mattina ne ha incassati 370. Insomma gli è andata bene. «Ma è andata meglio ancora a un altro cliente, che stamattina è venuto a ritirare cinquemila euro: aveva puntato sulla vittoria e sul risultato», spiega Salvatore, il titolare dell’Eurobet di piazza Calenda. Il Napoli era dato sfavorito, a 3.70 euro. «Ma qui hanno puntato tutti sulla vittoria, magari pochi soldi ma tutti sul Napoli. E sono stati premiati». Salvatore domenica sera ha improvvisato una piccola festa nei locali della ricevitoria, pizza al taglio e birra. Un’altra, più grande, la promette tra un mese, quando succederà, se succederà. Vincenzo, 73 anni, dice che domenica è tornato ragazzino: «Come quando allo stadio Collana vidi il Napoli vincere sulla Juventus della stagione 1957/78. Gol di Vinicio, Brugola, ancora Vinicio, Bertucco. Arbitrava Concetto Lo Bello, mi prese per le orecchie perché stavo ai bordi del campo e mi allontanò». Uno che ha ricordi così, come può non emozionarsi per questo finale di campionato così combattuto? Vincenzo, come finirà? «E come faccio a dirlo? Dipende molto dall’Inter, speriamo che riescano a fermarli. Ma io per adesso sono contento così».

Davanti al circolo Forza Napoli, nella piazzetta Sant’Arcangelo a Baiano, sotto un sole che sembra di giugno c’è Gino, maglietta bianca Lete e una faccia che sembra staccata dal corpo di Reina. «Sì gli assomiglio, ma lui è inimitabile», sorride. Ma anche qui il protagonista di tutti i discorsi è Koulibaly. «Con il suo gol gli abbiamo restituito tutto quello che ci hanno fatto penare, è vendicato il gol di Zaza, hanno capito quello che significa prendere un gol al novantesimo». Va bene, ma adesso? «Adesso tocca all’Inter.
Se a Milano finisce almeno in parità, e può succedere perché l’Inter ci tiene al derby del Nord, e se la Roma ci fa il piacere di impegnarsi di più dell’anno scorso...» ragiona Gino con gli amici che lo raggiungono, Antonio, Enzo e Gaetano, ecco «se tra Milano e Roma la Juve perde un paio di punti, le cose si possono mettere bene». Napoli sogna. Sottolinea coincidenze, tira fuori ricordi di favori fatti per puntare a favori ricambiati, ipotizza improbabili accordi di pace («perché Salvatore Bagni, che fece quel gestaccio ormai trent’anni fa, non chiede scusa ai tifosi della Roma? Che ci perde? Così possiamo gemellarci di nuovo»), tutto pur di far quadrare i conti da qui alla fine del campionato. Qualcuno si ferma ai rimpianti («mannaggia a quel pareggio con il Sassuolo, il pareggio con le milanesi ci può stare, ma con il Sassuolo no»), altri insistono sull’importanza che sul morale degli azzurri avrà il successo di domenica allo Stadium. «Mi è piaciuto che Buffon si sia complimentato, è stata una bella prova di sportività», dicono i tifosi del circolo di Forcella. «Dite quello che volete, ma il Napoli a questo punto ha fatto più di quello che poteva fare, non siamo una squadra di campioni, siamo un buon collettivo, li dobbiamo ammirare per questo», si stringe nelle spalle Antonio. Umberto, 21 anni, questi discorsi non li vuole sentire: «Quello che conta è che noi vinciamo tutte le partite. Loro, i bianconeri, qualche punto per strada lo perderanno, perché non stanno in una buona condizione né fisica né mentale. A questo punto i favoriti siamo noi». «Crederci, crederci fino all’ultimo», gli dà corda Gennaro, patron del Circolo Ronaldo («dal nome del giocatore dell’Inter, Cristiano non c’entra niente»). Qua domenica sera si sono stappate le bottiglie e qualcuno ha tirato fuori i botti, «niente rispetto a quello che stiamo preparando». Umberto ride: «Io Maradona non l’ho visto, me ne hanno parlato tutti ma adesso voglio 

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