«Napoli mi restituì la vita: ora mi salvi dalla guerra»

L'appello di Ahmed, giovane padre di famiglia operato venti anni fa a Napoli

L'appello di Ahmed, giovane padre di famiglia operato venti anni fa a Napoli
L'appello di Ahmed, giovane padre di famiglia operato venti anni fa a Napoli
di Daniela De Crescenzo
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 07:05 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 07:31
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Si chiama Ahmed e venti anni fa a Napoli nacque a nuova vita: ora quell'esistenza che si era faticosamente costruito è messa a rischio dalla guerra che sta travolgendo la Palestina e chiede aiuto per tornare in quella che è la sua seconda patria. Oggi Ahmed è un giovane padre di famiglia e in collegamento web mostra orgoglioso il figlio che corre in casa. Venti anni fa era uno scricchiolo in fin di vita. Il suo cuore fragile rischiava di fermarsi da un momento all'altro, quando l'allora assessore comunale Raffaele Porta, con quello provinciale Guglielmo Allodi, decisero di portarlo a Napoli per regalargli un cuore nuovo. I due amministratori erano in Palestina in missione di pace con una folta delegazione di consiglieri, il sindaco era Rosa Russo Iervolino e il presidente della Provincia Amato Lamberti, quando a Nablus ricevettero l'Sos. Si misero allora in contatto con il cardiochirurgo Carlo Vosa e con lui decisero di far arrivare il bambino in Italia.

Un'impresa quasi impossibile: anche allora in Palestina si sparava, nelle città c'era il coprifuoco e le strade erano bloccate da decine di check point. Come se non bastasse bisognava ottenere l'autorizzazione degli israeliani e i passaporti per il ragazzino e la madre. «Dicemmo subito che non saremmo partiti senza Ahmed ed esercitammo tutte le pressioni possibili mobilitando anche il consolato italiano a Gerusalemme»: ricorda Porta. «Per entrare in auto a Nablus dovemmo essere accompagnati da un funzionario del consolato e io andai a Gaza per prendere i passaporti per Ahmed e la madre», racconta Guglielmo Allodi. Per passare i ceck point i napoletani portarono il bimbo in braccio per chilometri, ma alla fine vinsero e il piccolo arrivò in Italia: Carlo Vosa lo operò e il bambino riprese a vivere.

Adesso Ahmed chiede aiuto per un'altra creatura, suo figlio Jamal che ha quasi due anni. E dalla Palestina spiega: «Ovviamente lui è tutto per me e a causa della guerra sono preoccupato per il suo futuro. Non voglio che viva nell'incertezza e nell'insicurezza». La situazione a Nablus è attualmente molto tesa, ed è diventato pericoloso anche lavorare nei campi e uscire di casa perché le abitazioni sono circondate dall'esercito schierato a protezione dei coloni. Dalla città sono arrivati anche molti video che riprendono scene estremamente violente.

Per dare un domani a suo figlio è pronto a lasciare Nablus: «Vivere nella mia città è una cosa bellissima, qua ci sono mamma, papà, la mia famiglia a cui sono molto legato, ma ormai siamo sempre in pericolo, il conflitto con Israele crea molte difficoltà e non possiamo vivere in pace o sentirci al sicuro». Anche questa volta raggiungere Napoli non sarà facile, per arrivarci Ahmed ha bisogno di un lavoro, lui è un tecnico informatico, e di una casa. E anche sua moglie Soma, che è impegnata nel settore turistico, ha bisogno di un'occupazione. Ma Ahmed non dispera: «Da voi ci sono molte persone che mi sostengono: Raffaele Porta e Guglielmo Allodi per me sono come genitori, e il mio bambino è come un loro nipote. A Napoli ho trovato tante persone pronte a darmi una mano. Per questo spero che anche questa volta i napoletani mi aiuteranno a continuare a vivere».

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Ahmed è stato solo il primo dei bambini operati qui, dopo di lui sono arrivati molti altri cardiopatici, e Nablus è attualmente gemellata con Napoli: ogni anno c'è un posto riservato a un palestinese alla Federico II. Tanti, dunque, si stanno mobilitando per aiutare il palestinese napoletano. «Innanzitutto - spiega Porta Allodi si è rivolto all'ambasciata italiana in Israele chiedendo di rilasciare un visto di lavoro per Ahmed e per la moglie, altrimenti sarebbe impossibile far arrivare il bambino». Dal consorzio di cooperative Gesco, intanto, è già arrivata la disponibilità ad assumere Ahmed come mediatore culturale nei confronti dei cittadini di lingua araba che vivono a Napoli. Resta difficile, invece, trovare una sistemazione per Soma, la moglie del ragazzo. Di qui l'appello: «Chiunque può dare una mano, si faccia avanti dicono gli amici napoletani di Ahmed Si tratta di salvare tre persone e di assicurare loro un futuro». 

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