Sono rimasti millenni sui fondali di Capri, i blocchi di ossidiana che ieri sono stati riportati alla luce sull’imbarcazione della Polizia di Stato del Nucleo sommozzatori, dove ad attendere l’arrivo del primo blocco di circa 8 Kg recanti tracce di lavorazione, recuperato dagli esperti sub della Polizia di Stato, c’erano i Carabinieri del Nucleo di Tutela Patrimonio Culturale, il soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli Mariano Nuzzo, insieme a Luca di Franco funzionario archeologo, caprese, responsabile per la tutela dell’isola di Capri, ed i referenti dell'ufficio archeologia subacquea Simona Formola e l'assistente tecnico subacqueo Carlo Leggieri.
Sui fondali del lato sud est dell’isola giacciono ancora altri reperti e per il loro recupero si attendono unità navali attrezzate essendo di dimensioni molto più grandi; infatti, da un primo esame gli esperti ipotizzano che i reperti possano risalire all’era neolitica, cioè nell’era preistorica risalente all’età della pietra che va dall’8000 a.C.
Provenivano dalle isole eolie come Lipari, Stromboli e altre isole vulcaniche, per arrivare a Capri per essere lavorate, probabilmente i blocchi che giacciono sui fondali del mare di Capri appartenevano ad un carico di un’imbarcazione che è andata a picco. Ora la mano passa alla sovrintendenza e ai sommozzatori esperti per recuperare il secondo blocco che è di dimensioni molto più grandi del primo, potrebbe pesare infatti oltre gli 80 Kg per il cui recupero necessita di speciali attrezzature subacquee e particolari imbarcazioni.
Intanto già da oggi sono partite ulteriori ricerche per comprendere l’estensione del carico e la possibile presenza dello scafo. Le indagini saranno svolte in collaborazione con la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo. I reperti saranno restaurati e conservati in soprintendenza presso il Palazzo Reale.