Ferlaino-Boldoni, la sentenza
di divorzio arriva 16 anni dopo

Ferlaino-Boldoni, la sentenza di divorzio arriva 16 anni dopo
di Pietro Gargano
Mercoledì 12 Settembre 2018, 23:00 - Ultimo agg. 13 Settembre, 07:15
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Un matrimonio non finisce mai tra applausi, baci e abbracci. Lascia una scia amara. Perciò chiediamo scusa se raccontiamo qualche frammento della vita di Corrado Ferlaino e Patrizia Boldoni proprio oggi, nel giorno del loro divorzio. Lo facciamo perché insieme hanno inciso sulle vicende cittadine, e non solo per quanto riguarda il gioco del pallone. Lo facciamo anche perché dalla loro unione, a fine dicembre del 1977, è nata Francesca, eccellenza napoletana, gloria dell’università di Innsbruck, ricercatrice della fisica quantistica, Premio Antonio Feltrinelli dopo una serie di riconoscimenti in Austria. Quando si conobbero, l’ingegnere Ferlaino aveva due sì falliti alle spalle. Non era più un pilota di Ferrari e altri bolidi, né un produttore di film di insuccesso, come quello sul Che Guevara. Faceva affari e gestiva il Napoli del calcio, preso con uno stratagemma da Achille Lauro. Un uomo ruvido e timido, non certo un Humphrey Bogart. Eppure lei, che rassomigliava a Laureen Bacall, con quel viso intrigante fra due ali di capelli, se ne innamorò, lo sposò, ne condivise ogni battito. Forse la scintilla brillò dal cozzo di opposti o forse fu alimentata dal comune amore per la storia di Napoli. Ferlaino si sentiva un re Borbone redivivo, Patrizia quei re li studiava.

IL PROFILO
Lui spiccio di modi, lei raffinata e due volta laureata. La prima volta con Biagio De Giovanni, il maestro prediletto, grazie a una tesi su Marx ed Engels. Patrizia ce l’aveva col professore Giuseppe Galasso, perché era l’unico che non aveva aggiunto la lode al 110, sostenendo che la pronuncia dei nomi spagnoli non era perfetta. Studiando studiando, la giovane donna si esaltò davanti al Decennio Francese - con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat re di Napoli - e si innamorò di Napoleone. Soprattutto gradì le sue leggi in difesa delle donne. Cominciò a collezionare cimeli dell’imperatore, statuine, lettere, pipe. Una traccia è rimasta nello stemma del Napoli, con la N maiuscola di Napoleone su un borbonico campo tutto azzurro. La vita cambiò. Lady Ferlaino fu adottata dal popolo, omaggiata come fosse una principessa. Le era proibito pagare dovunque, dal fruttivendolo, dal salumiere, dal fioraio, Sempre concreta, Patrizia Boldoni contribuì a fare del Napoli un’azienda, oltre che una squadra di calcio. Aprì a potenti e a intellettuali i salotti della casa napoletana e della caprese Villa Mura, rilevata dal principe Filippo d’Assia, marito della sventurata Mafalda di Savoia. Le amabili conversazioni favorivano i buoni affari di famiglia.

 

IL PERIODO D’ORO
La sua mano delicata toccò anche gli scudetti del Napoli. Si prestò perfino ai riti propiziatori del marito, che alla vigilia di una partita importante doveva vincere a tutti i costi. Patrizia giocava contro di lui in coppia col direttore sportivo Pier Paolo Marino e qualche volte, senza farsene accorgere, perdeva apposta. Il suo contributo fu diretto nell’acquisto di Diego Armando Maradona. Totonno Juliano e gli altri emissari azzurri avevano chiuso l’accordo a Barcellona, ma era passata mezzanotte ed era scaduto il termine per la consegna del contratto. A Milano, sede della Lega, non ci sarebbero stati problemi, una busta vuota era stata spedita in tempo e un amico avrebbe provveduto a infilarvi le carte firmate. Ma la notizia della chiusura non doveva filtrare, altrimenti sarebbe saltato tutto. Franco Esposito, nel libro «Testa alta, due piedi», ha raccontato dell’appello al silenzio rivolto direttamente dalla signora Patrizia. Antonio Corbo, in attesa di partire dalla Spagna, ne fu informato e rivolse la domanda ai colleghi lì radunati con lui. Tutti dissero un complice sì. Patrizia fu testimone oculare del dramma di Maradona. Ne apprezzava il senso di amicizia e di solidarietà. A casa del campione vide tanti amici argentini, ospitati gratis, dormire nei sacchi a pelo nei corridoi. «Aveva un cuore d’oro». Il suo, di cuore, batté per la felicità il giorno del primo scudetto, la riprova che, lavorando bene, tutto si può anche alle nostre latitudini meridionali.

LA CADUTA
Il finale della storia è stato amaro. Nel 2001 il Napoli retrocesse in serie B nell’ultima giornata di campionato, in virtù di una compiacente sconfitta casalinga del Parma contro il Verona. Il ricorso fu presentato proprio da Patrizia Baldoni, anche se il matrimonio già barcollava. La conseguenza sportiva fu l’addio di Corrado Ferlaino al Napoli, ceduto a Salvatore Naldi tramite Corbelli. Era il 2002. Nello stesso anno la separazione della coppia.
Oggi l’ingegnere, ottantasette anni, ha un’altra compagna e gestisce soprattutto un bell’albergo a Ercolano. Patrizia è consulente per la cultura - confermata dopo le dimissioni per un problema con l’Equitalia - della Regione Campania, fortemente voluta dal governatore Vincenzo De Luca, per il quale si è spesa in campagna elettorale, perfino in cucina. Ogni tanto è qualche ispezione della Guardia di Finanza a riallacciare le vite divise di due protagonisti di una lunga stagione napoletana.
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