«Zes e "Resto al Sud bis" contro la fuga dei cervelli»

Sbarra, segretario nazionale Cisl: dal governo nuovi fondi per lo sviluppo

Luigi Sbarra
Luigi Sbarra
di Nando Santonastaso
Mercoledì 1 Maggio 2024, 10:50 - Ultimo agg. 14:37
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Segretario Sbarra, le misure del governo per il lavoro di giovani e donne la convincono? Si poteva fare di più?
«Aspettiamo di conoscere i testi definitivi risponde Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl - ma sicuramente la conferma della decontribuzione per i prossimi due anni per le assunzioni di giovani e donne a tempo indeterminato va incontro ad una nostra esplicita richiesta. Positivo anche aver potenziato la dotazione per la convergenza sociale e infrastrutturale delle aree deboli. Se vogliamo fermare la fuga dei nostri giovani, specialmente al Sud, e sostenere anche la natalità occorre rilanciare gli investimenti pubblici e stimolare quelli privati. Il lavoro non si crea con un colpo di penna in un decreto».

Gli sgravi aiutano, certo, ma le imprese non trovano lavoratori: come se ne esce?
«Bisogna saper costruire le nuove competenze: le aziende continuano a cercare lavoro qualificato senza successo in tutte le aree del Paese anche per una cattiva capacità del sistema istituzionale di incrociare domanda e offerta.

Difficoltà che diventa cronica al Sud. Questo è oggi il vero problema da affrontare: dobbiamo muoverci verso un nuovo Statuto della persona nel mercato del lavoro che garantisca in ogni fase della vita attiva apprendimento, sostegno al reddito e orientamento nel sistema produttivo».

Nel Mezzogiorno si rilancia "Resto al Sud" ma la vera sfida si chiama Zes unica?
«Il sostegno dell'autoimprenditorialità e la decontribuzione speciale riconosciuta a lavoratrici e giovani lavoratori del Sud sono ottime notizie. È da tempo che la Cisl chiede misure simili. Oggi la Zes unica è diventata una realtà, ma dobbiamo saperla utilizzare con efficacia, stanziando fondi adeguati e spendendo bene tutte le risorse a disposizione. Istituzioni, autonomie locali, sindacato e imprese devono lavorare in sinergia puntando alla qualità degli investimenti, alla legalità, alla sicurezza sul lavoro, alle buone flessibilità contrattate per creare buona occupazione aggiuntiva».

La riforma della politica di coesione appena varata dal governo aiuterà il Sud?
«Noi condividiamo questa scelta che prevede l'integrazione dei fondi nazionali ed europei. L'obiettivo è rendere più veloci gli investimenti, favorire la crescita ed il lavoro con lo sguardo rivolto alla qualità della spesa soprattutto nelle aree deboli. Dobbiamo investire sul capitale umano, puntando su innovazione, nuove tecnologie, sostenibilità ambientale, riqualificazione del patrimonio urbano, inclusione delle fasce svantaggiate. Per questo dobbiamo rafforzare la governance partecipata sulla messa a terra dei progetti».

E l'autonomia differenziata?
«Diciamo una cosa molto chiara: qualunque processo di cambiamento deve rafforzare e non indebolire l'unità e la coesione nazionale. L'autonomia deve tradursi in maggiore responsabilità nella gestione delle risorse per determinare servizi più vicini ai territori ed essere un supporto per quelli in difficoltà. Anche per questo c'è da garantire la necessaria perequazione nazionale per sostenere le regioni in difficoltà, finanziando i livelli essenziali delle prestazioni».

Ma lei sa che ci sono dubbi sull'effettiva spesa delle risorse destinate al Sud.
«Per quanto ci riguarda anche nei recenti incontri con il governo abbiamo insistito sul vincolo di destinazione per il Mezzogiorno delle risorse sia del Pnrr che del Fondo Sviluppo e coesione. Per quest'ultimo il vincolo di destinazione dell'80% è fissato per legge. Lo stesso Decreto coesione e la Zes unica si pongono l'obiettivo di favorire una messa a terra degli investimenti per il Sud che a nostro avviso deve diventare centrale per il Paese e per la stessa Europa. Sul Pnrr in particolare, ribadiamo che il Mezzogiorno rappresenta una delle tre trasversalità che deve intercettare tutte le sei missioni, sia sotto il profilo dei progetti che sotto quello degli investimenti».

Primo Maggio: morire sul lavoro, possibile che la strage non si riesca a fermare?
«Bisogna investire di più e meglio sui luoghi di lavoro. Non basta rafforzare le attività sanzionatorie verso le imprese inadempienti se non lo colleghiamo ad una grande strategia che mette al centro la prevenzione, la formazione, l'informazione. Ci sono tante aziende che investono sulla sicurezza ma ce ne sono ancora tante che considerano questo investimento un costo e non, appunto, un investimento. Serve una vera cultura della sicurezza che è anche una cultura della legalità».

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