Copyright, al voto in ordine sparso: scatta il pressing delle lobby del web

Copyright, al voto in ordine sparso: scatta il pressing delle lobby del web
di Francesco Pacifico
Mercoledì 12 Settembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 13:48
3 Minuti di Lettura
Racconta David Sassoli, giornalista ed europarlamentare del Pd: «Ieri all'ora di pranzo abbiamo provato a fare una simulazione del voto sulla direttiva Copyright che oggi va al voto in aula. Ci siamo resi subito conto che era impossibile fare qualsiasi valutazioni per quanto i gruppi sono spaccati al loro interno». Aggiunge il suo collega della Lega, Mario Borghezio: «Dall'esterno non si riesce a capire la pressione su questo provvedimento. Questa mattina, appena arrivato in ufficio, la mia segretaria mi ha detto che c'erano in casella 1.600 email».
 
Nonostante le trattative febbrili che si susseguono da giorni, al Parlamento europeo le forze politiche non hanno trovato alcun accordo sulla direttiva Copyright. Quella che, nel tentativo di garantire un equo consumo per editori e produttori di contenuti e di creare un mercato del Web senza posizioni dominanti, dà per la prima volta ai singoli Stati membri di «prevedere un equo compenso per il pregiudizio subito dai titolari dei diritti a causa dell'utilizzo delle loro opere o altro materiale» pubblicato senza licenza. In quest'ottica impone, all'articolo 11, che le grandi piattaforme come Facebook o Twitter debbano sia versare un tantum agli editori anche quando pubblicano un link di un loro articolo. Oppure, come prevede l'articolo 13, essere giuridicamente responsabili di quanto riportato così come controllare il materiale che gli utenti postano attraverso di loro. Due obblighi che i giganti del web - Wikipedia ha persino organizzato una serrata virtuale del servizio - non vogliono accettare, perché a loro dire limita la libertà di espressione e li costringe ad affrontare costi superiori al dovuto, che potrebbero far affondare i loro business.

Ufficialmente i due gruppi maggiori, popolari e socialisti, sono favorevoli alla sua approvazione come Forza Italia e Pd. Ma al loro interno, anche se non dal fronte italiano, sono tanti i distinguo. Fermi sul no, in quanto liberticida, i liberali dell'Alde, i Verdi o l'Europa della Libertà e della Democrazia, nel quale ci sono anche Lega e Cinquestelle, pronti a votare no. Ma la partita ha anche finalità prettamente politiche: i gruppi più populisti vedono in questa battaglia anche un grimaldello per fare saltare gli attuali equilibri e, in vista della nuova Commissione e delle prossime Europee.

In quest'ottica, cascami ci sono anche sulla politica italiana. Dalla Lega fanno sapere che è stato lo stesso Matteo Salvini a imporre ai suoi eurodeputati di votare alla direttiva, pur sapendo che l'ex alleato Forza Italia - molto sensibili alle esigenze dell'editore Mediaset - spinge per il sì. In quest'ottica anche i Cinquestelle ne fanno una battaglia di bandiera. «I grandi colossi del web - ha scritto Gianluca Vacca, deputato del M5S e sottosegretario ai Beni culturali - devono pagare i diritti d'autore, ma la riforma del copyright al voto dell'Europarlamento è sbagliata nel metodo, almeno in parte. Mai come in questo caso si può dire che il fine non giustifica i mezzi».

Intanto, a Bruxelles, ha provato fino all'ultimo minuto a fare una mediazione il relatore, il Ppe tedesco Axel Voss, che ha provato ad allentare l'articolo 11 e 13, specificando che i link saranno esclusi dal regolamento e che non ci sarà filtraggio automatico dei contenuti caricati online, imponendo soltanto una cooperazione tra detentori dei diritti e grandi piattaforme, quindi tenendo quindi fuori i piccoli. Ieri, sconsolato, l'eurodeputato tedesco ha lanciato sconsolati un appello ai colleghi: Chiedo un comportamento costruttivo».

Secondo Renato Soru, europarlamentare del Pd e soprattutto fondatore del web company Tiscali, «è giusto che la Commissione europea voglia mettere ordine contro lo strapotere delle grandi piattaforme. Ma l'approccio è sbagliato. Io per esempio voterò emendamento per emendamento, ma servirebbe altro tempo. E non è detto che non c'è».

Ma il tempo non c'è secondo la Ue. «È essenziale - ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue, Andrus Ansip, «che l'aula colga questa opportunità per adottare nuove regole. Altrimenti ci sarà un solo vincitore: le grandi piattaforme». «Sul Copyright si deve fare chiarezza, non c'è nessuna minaccia alla libertà del web, ma allo stesso tempo i deputati devono essere liberi da condizionamenti», ha aggiunto il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA