Il giornalismo, diceva Achille Campanile, «un tempo toglieva uomini alla lettere; oggi – il che è più grave – ne dà». Forse anche per questo, aggiungeva, «alcuni scrittori per scrivere hanno bisogno della vena. Altri dell’avena». A quarant’anni dalla morte del brillante e poliedrico scrittore (di narrativa e teatro), giornalista e critico televisivo (Roma 1899 – Lariano 1977), la caustica sagacia delle sue proverbiali battute conserva intatto lo spirito libero, surreale e anticonformista dell’autore: unanimemente considerato uno dei maggiori umoristi italiani del Novecento.
Pino Imperatore - che di ironia se ne intende, e proprio ad Achille Campanile ha dedicato la sua Scuola di scrittura umoristica - lo definisce non a caso un «fuoriclasse«, un «gioioso anarchico della scrittura» e un «genio visionario», la cui produzione letteraria e giornalistica continua ad essere ancora oggi «una fonte inesauribile di ironia e meditazioni» perché ogni suo testo «sprigiona allegria e ilarità», e «ogni parola è palpitante e attuale; una delizia per la mente e per il cuore». Così scrive Imperatore nella sua prefazione ad un nuovo libro campaniliano postumo, curato da Silvio Moretti e Angelo Cannatà e in uscita per l’editore Nino Aragno: si intitola Grazie, arcavolo! ed è una sapida antologia di scritti inediti e dispersi di Campanile che sarà presentata dai curatori in prima nazionale, sabato 28 ottobre alle ore 17.30, nell’Auditorium della Casa delle Culture di Velletri (la città vicina a Lariano, dove lo scrittore ha trascorso gli ultimi anni della sua vita) con i contributi di Rocco Della Corte e del figlio dello scrittore Gaetano Campanile, che ha promosso la rassegna Campaniliana (www.campaniliana.it) in occasione del quarantennale della scomparsa del padre.
La presentazione è uno dei momenti clou di una densa manifestazione che per nove giorni - tra un convegno-spettacolo, proiezioni, una mostra documentaria, reading, rappresentazioni teatrali e la prima edizione di un premio nazionale teatrale - rende omaggio, fino al 29 ottobre, alla memoria dello stralunato scrittore e giornalista che dagli anni Venti ha attraversato il secolo breve con pensosa leggerezza, tra riso e sorriso anche amaro, capace – sempre - di attivare emozioni e pensieri. Giacché il vero umorista, sottolinea ancora Imperatore, è in fondo colui il quale sa «cambiare la prospettiva ordinaria, per rendere significante anche ciò che in apparenza è privo di significato; dislocare il punto di osservazione in un luogo inatteso e mettere a fuoco dettagli che una inquadratura piatta e prevedibile non farebbe emergere; poi, con guizzi creativi e pennellate di stile, raccontare i dettagli stessi ai lettori per stimolarli a ridere e a riflettere». E sono circa cinquanta i brani che l’immenso archivio Campanile, custodito dalla famiglia (la vedova Giuseppina, il figlio Gaetano) e compulsato dai curatori del volume (contenente anche un’ampia biografia dello scrittore, molto utile per i lettori più giovani), ci restituisce ora, in una preziosa antologia che documenta soprattutto l’attività giornalistica dello scrittore attraverso testi apparsi o destinati ai principali quotidiani o riviste cui Campanile ha dato ininterrottamente la sua collaborazione, già a partire dagli anni ‘20.
In gran parte si tratta di semplici veline e ritagli di giornali, materiale frutto della collaborazione di Campanile a «La Gazzetta del popolo» a partire dagli anni ‘30, quando lo scrittore era già nel pieno della sua maturità artistica, e poi a «Il Settebello» o il «Corriere d’informazione», o ancora testi pubblicati sulla «Nuova Antologia». Uno spaccato di storia, non soltanto giornalistico-letteraria e del costume, ma anche dell’officina creativa di un autore – sottolineano Moretti e Cannatà - «insolito, che ha precorso i tempi e che ha scritto di cose che saranno ancora attuali quando i vecchi saremo noi e lo saranno i figli dei nostri figli», ovvero un intellettuale dotato di una scrittura provocatoria, «raffinata ed elegante» che «proprio oggi, quando un processo di imbarbarimento della parola scritta e parlata sta attraversando il nostro tempo, diventa un raggio di luce in una giornata buia», aggiungono i curatori del volume. Nel quale i testi corredati di annotazioni e di correzioni apportate sugli originali di pugno dallo stesso scrittore sono inoltre fedelmente riportati, mantenendo la struttura originale degli scritti di Campanile, insieme a brevi note illustrative riguardanti il testo o la sua genesi.
Un recupero interessante, non solo per i cultori del genere e dell’autore ma anche per le nuove generazioni, alle quali la testimonianza di Campanile ha ancora tanto da suggerire perché «Rispetto a molti suoi contemporanei, era due spanne avanti; avanti nelle idee, nelle intuizioni, nell’arguzia. Non si limitava a osservare e a descrivere la realtà; la sminuzzava e la ricomponeva a suo piacimento, come un bambino che smonta un giocattolo per capire cosa c’è dentro, qual è il meccanismo che lo regola», conclude Imperatore. Una curiosità strumento di conoscenza della cui vivacità si sente particolare bisogno, di questi tempi.
Con «Grazie, arcavolo!» il ritorno dell'ironia di Campanile in un'antologia a cura di Moretti e Cannatà
di Donatella Trotta
Martedì 24 Ottobre 2017, 09:06
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