Giornalismo, Premio Serao alla Goracci: «Le donne sono la forza della società»

Giornalismo, Premio Serao alla Goracci: «Le donne sono la forza della società»
di Lidia Luberto
Giovedì 31 Maggio 2018, 09:50
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Inviata di guerra, basterebbe solo questo a descrivere il valore di una professione che coniugata al femminile significa non solo coraggio o capacità di rischio, ma anche impegno e testimonianza. Lucia Goracci, inviata Rai, che stasera riceverà nello storico palazzo Petrucci di Carinola, in provincia di Caserta, il premio giornalistico Matilde Serao, organizzato dal comune di Carinola in collaborazione con «Il Mattino», vive ormai da 15 anni sui fronti di guerra più pericolosi del mondo. Dall'Afghanistan, all'Iran, all'Iraq, alla Turchia, ha raccontato conflitti interni ed esterni con correttezza, professionalità e passione.

«Questo premio intitolato a Matilde Serao ha per me un significato molto forte, perché è un riconoscimento destinato alle donne, che sono sempre e in ogni latitudine una forza per la società tutta. Ho molta fiducia nelle donne, nella loro voglia di cambiare, nella determinazione che le caratterizza - confessa la reporter - rifuggono la guerra e la violenza, ma sono in prima linea per proteggere i propri cari, per organizzare la fuga dei figli, per la cura dei vecchi e dei sofferenti».
 
Dunque le donne costruttrici di pace anche in zone di guerra?
«Assolutamente si, come forza di ribellione all'ordine costituito iniquo. Dall'Iran, alla Palestina o la Turchia, le leggi ingiuste sono sempre oggetto della battaglia delle donne che credono in un futuro diverso».

Anche in quei Paesi maschilisti per legge o religione?
«Va tutto contestualizzato storicamente: le turche hanno votato prima delle italiane, il secondo aeroporto di Istanbul è intitolato ad una donna pilota. Oggi, però, le donne in Turchia sono in affanno. Allo stesso tempo in questo Paese, dove peraltro ora vivo, come pure in Iran, c'è una società legale e una società reale in cui le donne hanno un proprio ruolo. Per esempio, in Turchia una delle candidate antagoniste di Erdogan è una donna, e ha buone possibilità di dare al presidente filo da torcere. Poi ci sono realtà come quella saudita molto più arretrate, dove le donne sono considerate eterne bambine: fra poco più di un mese potranno guidare l'auto per la prima volta».

Come si riesce a conciliare vita privata e lavoro?
«Sono nata ad Orbetello e, come la Serao, mi porto sempre dietro la provincia che è la nostra identità. La provincia significa rapporti umani stretti di vicinato, conoscenza tra persone consolidata nelle generazioni, amore forte e attaccamento alla propria terra. Sono una donna che non ha avuto figli perché al lavoro ha dedicato molto, per cui la mia famiglia è non solo quella che ritrovo a casa ogni volta che torno in Italia, in media ogni tre mesi, ma anche le persone che nei viaggi ho incontrato e con le quali ho vissuto e vivo tante avventure».

Come è nata la passione per questo lavoro?
«Ho sempre avuto un forte interesse per la storia, ascoltavo per ore i racconti dei nonni sulla guerra. In tutto questo si è inserita una scelta casuale di mia madre che quando avevo nove anni mi regalò Niente e così sia, il reportage dal Vietnam di Oriana Fallaci, fu una folgorazione. Poi ho avuto la fortuna di superare un concorso in Rai e sono a riuscita a realizzare il mio sogno nel cassetto».

Com'è l'Occidente visto da Oriente?
«Fa un effetto straniante: da Est vedi l'Occidente che tende a ripetere i suoi errori. Quello che continua ad entrare nelle nostre vite, nelle nostre città, il lupo solitario che l'altro giorno a Liegi ha ucciso tre persone dovrebbe farci pensare che c'è anche un'origine più profonda di questa rabbia e di questo odio. Ad esempio, per sconfiggere l'Isis è stata effettuata una battaglia sacrosanta e non rinviabile, sono state distrutte città e intere popolazioni. Ma ora c'è la ricostruzione e se non ci facciamo carico della ricostruzione sia materiale che del tessuto sociale, il rischio di un terrorismo jhadista resta alto. Spesso si tende a credere che la vittoria militare basti, invece è indispensabile anche la ricostruzione, che deve coinvolgere intere generazioni e dalla quale siamo invece sempre più latitanti. Questa è una grande responsabilità che l'Occidente, purtroppo, non ha ancora capito».
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